Adesso il rischio è che la stessa cosa possa succedere di nuovo. Che la fiducia si sposti su qualcuno che promette la luna nel pozzo e dopo poco tempo ci si ritrovi punto e a capo. Perché, sia chiaro, nessuno ha la bacchetta magica.
Ho votato Sì, ma ero certo che vincesse il No. Non mi aspettavo però un divario come quello che c’è stato. Non pensavo neppure ci fosse un’affluenza simile. Quest’ultima mi rende felice, molto meno l’esito del voto. Continuo ad essere convinto che il Sì fosse la scelta migliore anche perché sono un riformista. È chiaro, in alcuni passaggi la riforma poteva essere scritta meglio, ma quelli proposti erano cambiamenti che continuo a ritenere che servano.
Alla luce del risultato c’è chi ha scritto che l’Italia è conservatrice. Quella, se proprio vogliamo, non è buona novità. Il Belpaese un po’ conservatore lo è sempre stato. Ma il voto di domenica è stata un’altra cosa. Mi rifiuto di parlare di populismo. Il voto è stato un grido d’allarme lanciato dagli italiani.
Tutto nasce dalla personalizzazione di Matteo Renzi. All’inizio ha fatto l’errore di impostare il voto come un referendum su se stesso, gli altri partiti hanno raccolto la sfida (cosa dovevano fare?) e Renzi è andato a sbattere.
È adesso? Ora si che c’è il pericolo populista. Non so quando (Primavera 2017? Autunno 2017? Primavera 2018?), ma presto si andrà a votare per eleggere il governo che dovrà dare delle risposte al grido d’allarme lanciato con il voto di domenica da quello che Maurizio Molinari, direttore de La Stampa, ha definito “il popolo della rivolta”. Il direttore del quotidiano torinese ha ragione quando scrive: «A votare “No” sono state le famiglie del ceto medio disagiato, impoverito dalla crisi economica, senza speranze di prosperità e benessere per figli e nipoti. Sono stati i giovani senza lavoro, gli operai che si sentono minacciati dai migranti e gli stipendiati a cui le entrate non bastano più. È un popolo della rivolta espressione dello stesso disagio che in Gran Bretagna ha prodotto la Brexit, negli Stati Uniti ha portato alla Casa Bianca Donald J. Trump ed ora coglie un successo nell’Europa continentale che fa cadere il governo di uno Stato fondatore dell’Ue».
Molti di loro sono gli stessi che quasi tre anni fa consideravano Renzi il nuovo che avanza e avevano riposto in lui molte speranze. Invece dopo mille giorni abbiamo bruciato il leader più giovane della nostra storia repubblicana. Ma la colpa non è la loro. Non ci possiamo nascondere che il primo ad avere un approccio populista è stato proprio Renzi. Ha fatto credere di avere la bacchetta magica. Ben presto si è capito che non era così e il popolo della rivolta gliela ha fatta pagare nonostante tutto sommato non abbia governato più così male. Se tu prometti i fuochi artificiali alla fine è difficile accontentarsi di qualche botto.
Adesso il rischio è che la stessa cosa possa succedere di nuovo. Che la fiducia si sposti su qualcuno che promette la luna nel pozzo e dopo poco tempo ci si ritrovi punto e a capo. Perché, sia chiaro, nessuno ha la bacchetta magica. Nessuno, di tutto l’arco costituzionale, è in grado di fare miracoli e portare l’Italia fuori dalle secche dall’oggi al domani. E poi deve essere chiaro che nulla sarà più come prima. Le vacche grasse di prima della crisi difficilmente torneranno. O se torneranno dovremo aspettare almeno dieci anni.
Per questo bisogna diffidare dalle promesse fatte dai venditori di fumo. Partendo dal presupposto che sono riformista e keynesiano darò la mia preferenza a chi farà un discorso serio e proporrà una visione di prospettiva. Un piano di medio lungo termine. Quello che ti fa crescere poco alla volta, ma in maniera strutturale. Del resto, da buon runner, agli scattisti ho sempre preferito i fondisti.
In conclusione consentitemi un grosso motivo di soddisfazione per un cesenate campanilista come sono sempre stato. A Cesena l’affluenza è stata del 79,50 per cento. La più alta tra i capoluoghi di provincia italiani. Ancora una volta la città ha dimostrato un grandissimo senso civico. Mi fa anche piacere che abbiano prevalso i Sì (53,95 per cento), ma questo è un elemento secondario.
Questo post è stato letto 164 volte