Scissione nel Pd, il dado è tratto

Non è ufficiale, ma i segnali vanno tutti in quella direzione. A Cesena sarà interessante capire cosa farà Enzo Lattuca, esponente di punta della nuova generazione

Scissione nel Pd, il dado è tratto. Non c’è ancora niente di ufficiale, ma l’impressione è che si sia arrivati al punto di non ritorno. La grande incognita è sui tempi. Molto dipende dalla data della elezioni. Votare a aprile, giugno, settembre o primavera del 2018 per il paese non cambia molto. Per il Pd sì. All’accelerazione di Renzi (votare in aprile) io do solo una chiave di lettura: creare dei problemi agli scissionisti. Farebbero fatica a organizzarsi. Cosa che, invece, riuscirebbero a fare molto meglio se la data del voto si allontanasse. Per loro il massimo sarebbe votare nella primavera del 2018, alla scadenza naturale della legislatura.

Per il resto molto è fatto. C’è anche un sondaggio che accredita la nuova forza dell’undici per cento. A me sembra molto, ma per qualcuno potrebbe arrivare al quattordici. È chiaro che sarà molto importante il leader. D’Alema punta su Emiliano. È fuori di dubbio che il governatore della Puglia potrebbe essere un valore aggiunto soprattutto al sud, fra i giovani e fra i malpancisti dei 5Stelle. E Renzi? Avrebbe una bella gatta da pelare.

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E a livello locale? Va da sé che l’eventuale (ancora è d’obbligo usare il condizionale) scissione  avrebbe una discreta ripercussione. Sia nella società civile (a partire dall’associazionismo) che nella politica. Per quanto riguarda Cesena non ci vedo problemi nel gruppo consiliare. Magari non tutti sono renziani duri e puri. Ma tutti sono persone giudiziose e eventuali scissionisti non creerebbero dei problemi alla giunta. I dubbi, invece, nascerebbero per il futuro. L’impressione è che il sindaco, la giunta, buona parte del gruppo e del partito resteranno con Renzi. Il punto interrogativo riguarda soprattutto Enzo Lattuca. Non è l’unico, ma è il più blasonato. Il giovane parlamentare non è renziano. Non lo ha mai nascosto e non ha mai avuto difficoltà a farlo.

È chiaro che la prospettiva di andarsene la prenderà in considerazione. Non sarà però una scelta facile. Per prima cosa si dovrà capire cosa sarà il nuovo partito. Da chi sarà guidato. Chi saranno gli esponenti locali. Inoltre c’è un’altra considerazione da fare. Lattuca nel Pd locale, nonostante sia lontano da Renzi, rimane un’istituzione, cosa non automatica se dovesse andare da un’altra parte dove pare siano già non molti a tentare di mettere cappello. Inoltre è fuori di dubbio che avrebbe più difficoltà a correre per il dopo Lucchi. Insomma, non sarebbe una scelta facile. Al momento la più logica sembra quella di restare nel Pd che comunque avrà molto bisogno di avere al proprio interno anime più di sinistra che da un lato dovranno fungere da argine e dall’altro dovranno evitare che l’anima del partito diventi sempre più non solo centrista, ma addirittura con ascendenza liberale. Scissione o no il Pd deve mantenere un’ascendenza socialista. Moderna, riformista, lontana da posizioni vetero, ma che non ha niente a che vedere col liberismo. Quella è un’altra cosa. Se così fosse si dovrebbe avere il coraggio di dirlo.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.