Regione Romagna vade retro

Non mi convince la proposta della Lega Nord. Preferisco quella di Bonacini che chiede più autonomia. Ma servono regioni più grandi dove ogni territorio deve essere in grado di fare sistema

Per favore, lasciamo perdere la Regione Romagna. Io mi ritengo un romagnolo doc. Sono profondamente legato alla mia terra, in particolare a Cesena e alle tradizioni contadine. Chi mi conosce bene sa che non mi sono mai voluto allontanare ed ho rifiutato anche proposte di lavoro interessanti. Mi piace viaggiare, ma dopo quattro, cinque giorni sento nostalgia di casa. Quando posso parlo dialetto e non riesco a rinunciare alla piadina (quella cesenate) e preferisco i crescioni alla pizza.

Questa premessa ritengo fosse necessaria per chiarire quanto sia legato alla Romagna. Però non mi sono mai stato un sostenitore della Regione Romagna. Non serve. Sarebbe l’ennesimo inutile carrozzone. Secondo me è troppo piccola anche l’Emilia Romagna, ma su questo aspetto ci arriverò dopo.

È per questo che non condivido in nessun modo il ritorno di fiamma dei leghisti (Morrone e Pini, in rigoroso ordine alfabetico) di riproporre la Regione Romagna.

Invece, mi convince di più la proposta di Stefano Bonacini, presidente della Regione, che reclama più autonomia fiscale e nell’utilizzo delle risorse statali. Ma mentre i vicini del Veneto e della Lombardia si preparano al referendum, l’Emilia Romagna  tenta la strada costituzionale al federalismo, aggrappandosi all’articolo 116 della Carta. Le  attribuzioni ulteriori possono riguardare le politiche sociali, quelle del lavoro, ma anche l’ambiente e la formazione professionale.

La proposta mi convince perché risponde alla mia idea di Regione, struttura che deve avere competenze specifiche che, chiaramente, devono essere inserite all’interno di una cornice definita dallo Stato centrale.

Quello che non mi convince sono le dimensioni. Ritengo che per un Paese come l’Italia cinque macro Regioni siano sufficienti. Comunque non andrei oltre le dodici proposte dalla fondazione Agnelli circa 25 anni fa.

E, cari Morrone e Pini, non sono preoccupato per la Romagna. Ogni territorio deve essere capace di ricavarsi il suo spazio facendo sistema. Giordano Conti, quasi quindici anni fa, in campagna elettorale, parlava di sistema Romagna. È quello al quale dobbiamo puntare. I campanilismi devono continuare ad esistere (io sono un campione), ma in ambito culturale, sportivo, enogastronomico, ecc. Per il resto dobbiamo essere realisti. Università, sanità, trasporto locale, fiere sono solo alcuni esempi. Ma ce ne possono essere tanti altri sui quali cercare sinergie e fare sistema. L’importante è avere una mentalità aperta unita ad una visione di prospettiva e, soprattutto, bandire chi vuole fare l’asso pigliatutto. Gli accordi devono tutelare il territorio, non una parte di territorio.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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