Adesso la politica è soprattutto forte contrapposizione. Serve un passo indietro e più coinvolgimento. A partire dagli enti intermedi
Diceva Agatha Christie: «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». E se lo sosteneva la regina del giallo bisogna ritenere che sia vero. E se lo è significa che a Cesena c’è stata una svolta.
È passato molto meno di un anno da quando Paolo Lucchi, sindaco di Cesena, annunciò il cambiamento di rotta. Alla presentazione di Lorenzo Zammarchi, nuovo assessore allo Sviluppo economico, Lucchi disse che avrebbe lavorato per migliorare i rapporti con la città. Probabilmente aveva segnali che c’era qualcosa che non andava. Aveva capito che bisognava intervenire anche per risolvere quei problemi di contrapposizione nati anche “per un atteggiamento dell’amministrazione a volte troppo rigido”.
Un annuncio che fu preso con le molle. Invece un cambiamento c’è stato. Si può fare ancora molto, ma segnali sono arrivati. E qui veniamo ai tre indizi. Quelli che dovrebbero fare una prova.
Il primo è l’apertura alle parti sociali. In particolare ai sindacati. Non molto tempo fa i rapporti (in particolare con alcuni) erano solo conflittuali. Adesso c’è la pax sociale ed è testimoniato anche dall’accordo siglato sul bilancio. Nel contempo, sempre sul bilancio, segnali chiari e inequivocabili sono stati inviati a Mdp, mostrando che non si vuole rompere l’alleanza.
Il secondo indizio è il radicale cambiamento di Carta bianca. È uno strumento importante, ma va preso in piccole dosi. Non poteva essere il sostituto degli enti di secondo livello. La sua dimensione giusta è quella attuale: i Quartieri. Poi si può ragionare su come, eventualmente, migliorare la formula.
Il terzo indizio è l’elezione di Matteo Marchi a segretario comunale del Pd. O, meglio ancora, il suo intervento programmatico. Ha messo il dialogo al primo posto del suo mandato. Ora però deve passare dalle parole ai fatti
Ripeto, di cose da fare ce ne sono ancora molte, ma un cambio di rotta l’ho rilevato. Ed è una modifica che gradisco perché va nella direzione della politica che preferisco. Tante sono le frasi celebri di Giulio Andreotti, uno che ci prendeva. Ma una che mi è sempre piaciuta è “pochi nemici buona politica”.
Chi mi conosce sa che ho sempre ritenuto che la muscolarità fine a se stessa non porti a nulla. Sono sempre stato tifoso del dialogo. A 360 gradi, ma, in particolare, con le forze intermedie. Attenzione, però, a non fare confusione. Non parlo di consociativismo. Non ci deve essere nessuna forma di divisione del potere, ci deve invece essere una condivisione del potere. In un sistema, però, nel quale ognuno fa la sua parte e cerca di arricchire il dibattito con l’obiettivo di migliorare la cosa pubblica.
A me piace la definizione “di lotta e di governo”. Ecco, tutti dovrebbero rispondere a queste caratteristiche. Anche la giunta. Perché anche chi governa deve essere di lotta e battere i pugni sul tavolo. Allo stesso tempo gli interlocutori (in questo caso le forze sociali, ma il discorso vale anche per le opposizioni) oltre ad essere di lotta e non fare sconti quando è giusto farlo, devono saper essere propositive e presentare dei progetti finalizzati a migliorare il territorio. Va da sé, però, che non possono parlare a un muro di gomma.
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