Per stare meglio tutti e produrre meno scarti sia fisici che umani. Ma è necessario un do ut des negli ambienti di lavoro
Non è la prima volta che succede e non sarà neppure l’ultima. Come tutti gli anni, a pochissimi giorni di distanza, sono state pubblicate le classifiche sulla qualità della vita stilate da Italia oggi e Il Sole 24 ore, quotidiani economici. Quest’anno si contraddicono. Secondo Italia Oggi la provincia di Forlì Cesena arretra, mentre per il Sole guadagna posizioni.
Onestamente non so chi abbia ragione. Su una cosa concordano: l’allarme furti. Che adesso, però, interessa più i negozi rispetto alle abitazioni. Comunque, cambiano i fattori, ma il prodotto è lo stesso: c’è un’emergenza. Invece le due classifiche sono in contrasto per quanto riguarda il tempo libero. Pollice verso da una parte e alzato dall’altro.
Ripeto, non so chi abbia ragione e non mi interessa nemmeno indagare. Invece condivido quello che ha postato su Facebook Elisabetta Boninsegna. Andateci voi a vivere ad Aosta o Bolzano (città in testa alle classifiche ndr) io preferisco la Romagna, ha scritto la giornalista cesenate.
Elisabetta ha ragione. Da noi si vive bene. Poi non so se saremo ventesimi o venticinquesimi. Francamente me ne infischio.
Questo non vuol dire che non si debba lavorare per migliorare le cose. Anzi, deve essere un imperativo farlo. Ma come? È qui che casca l’asino. Perché, come è ovvio che sia, ognuno ha la sua ricetta.
Io credo che il primo passo per migliorare la qualità della vita di Cesena debba essere intervenire sul rapporto di lavoro. Serve migliorare il sistema dal punto di vista dello sviluppo sostenibile. Ha ragione Enrico Giovannini, professore di Economia Statistica all’università di Tor Vergata, già presidente Istat e ministro del Lavoro, quando dice: “Bisogna studiare molto, puntare sulla sostenibilità della produzione per stare meglio tutti. E se stiamo meglio tutti produciamo meno scarti, sia fisici che umani. Gli scarti fisici fanno male all’ambiente, quelli umani generano ricadute negative sul sistema sociale, che riguarda tutta la comunità. Quindi bisogna ridurli e adottare un modello economico articolato, l’unico che renda possibile uno sviluppo sostenibile”.
Ma come? Questo è un tema sul quale dovrebbe interrogarsi la politica, anche quella cittadina. La sento parlare poco di ambiente, territorio, finanza e economia.
Per quanto mi riguarda ritengo positivo che ci sia la Amadori fra i primi 400 migliori datori di lavoro italiani, su una platea di 1900. Classifica “Best Workplace 2017”. Ma fra le prime quattrocento ci sono altre cesenati: Apofruit e Arca di Longiano, una delle realtà, quest’ultima, più importanti della grande distribuzione organizzata.
Va da se che questo deve essere un punto di partenza e non di arrivo. Serve uno sviluppo sostenibile che preveda innanzitutto un’informatizzazione intelligente. Uno sviluppo del 4.0 che non cannibalizzi i posti di lavoro. Ma anche che crei un ambiente lavorativo a misura d’uomo. Dove si deve lavorare, non tirare a campare. Ma godendo di tutte le garanzie.
Solo con il giusto rapporto do ut des si può costruire quella valle del benessere tanto cara a Nerio Alessandri, fondatore e patron di Technogym. Valle del benessere che di fatto è quello sviluppo sostenibile di cui parla Giovannini.
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