La lingua persiana ha un antico legame con quelle europee: esse discendono dallo stesso ceppo linguistico.
E’ da quando siamo bambini che i media ci parlano di conflitti nella zona del cosiddetto Medioriente tanto da farlo apparire come un territorio belligerante e molto lontano da noi, ma in un clima sempre più infuocato caratterizzato dalla demonizzazione della figura dell’immigrato, persino nella piccola Forlì sorgono preoccupazioni su questo argomento. La tendenza generale è quella di definire “arabi” tutti gli abitanti di quei territori che vanno dal Marocco fino quasi all’estremo oriente, posti meravigliosi, sebbene martoriati da continui conflitti. Dobbiamo però sforzarci di comprendere meglio le diversità di questi popoli e facendolo, ci accorgeremmo che siamo più vicini di quanto non ci abbiano mai raccontato.
Per prima cosa cerchiamo di fare un po’ di chiarezza: gli arabi sono coloro che parlano l’arabo e i suoi dialetti, ma la lingua è di origine ebraica, così come l’ebraico e tante altre lingue. Le nazioni che parlano questa lingua sono la maggioranza nel territorio mediorientale (Africa mediterranea, penisola Araba, Egitto e Somalia). I persiani invece parlano il farsi (o parsi) ed appartiene alla famiglia delle lingue indoeuropee, di cui fa parte addirittura anche l’italiano. Coloro che parlano questa lingua, sono concentrati principalmente sul suolo iraniano, arrivando però a toccare alcuni dei paesi confinanti. La lingua farsi va oltre estendendosi fino alle alte cime di Afganistan e Tajikistan.
Le due lingue, dunque, hanno poco in comune, anzi, un arabo e un iraniano che decidessero di sostenere una conversazione, necessiterebbero di un interprete. L’unico punto di congiunzione fra questi due popoli è l’alfabeto arabo, usato da entrambi. Proprio l’utilizzo del medesimo alfabeto può trarre in inganno un occhio poco attento; tuttavia, i persiani hanno avuto bisogno di dar vita a nuove lettere per riuscire ad esprimere determinati suoni e questo gli ha permesso di differenziarsi rispetto agli arabi. Questo è un aspetto molto interessante, anche se, per chi non conosce l’alfabeto arabo, non è sicuramente immediato.
A ulteriore prova del fatto che l’Iran si distingua dai suoi confinanti, basta guardare alle radici della parola stessa, essa infatti significa “il paese degli Arya”, un modo per indicare sé stessi all’interno di un gruppo di parlanti di diverse lingue iraniche e indo-arie: gli indoari, ovvero una popolazione nomade che penetrò nella valle dell’Indo, sovrapponendosi alle precedenti civiltà. Le lingue indo-europee si dividono in nove gruppi e ciascuno appartiene a un numero variabile di lingue: ad esempio, il Gaelico appartiene al gruppo delle lingue celtiche, che a sua volta sono comprese nelle lingue indo-europee. L e lingue di origine indo-europea sono infatti molto diverse tra loro, basti pensare che all’interno troviamo lingue germaniche, slave, baltiche e le cosiddette indo-iraniche.
Per rendere maggiormente esplicito il concetto: padre (padar), madre (madar) testimoniano la comune radice indo-europea pətér* e màtér*, come anche il termine dokhtar, che significa “figlia”, in cui appare evidente la vicinanza con l’inglese “daughter”. E’ noto che il medioriente sia una terra divisa per tante ragioni (religione, cultura, economia), sottolineare l’aspetto della diversità linguistica ci ha permesso di arrivare alla conclusione che ciò che a volte può sembrare lontano e distante, spesso lo è molto meno di quanto non sembri.
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