Cambiano le abitudini. Tornano di moda i negozi di vicinato e la Coop stravolge il suo modo di fare business
Finita l’era degli iper. Per il rilancio Coop punta sui mini market. È uno dei titoli del fascicolo economia (sempre bello e interessante) pubblicato ieri dal Corriere Romagna. Il cambiamento è epocale. Condivido in pieno l’incipit dell’articolo: per certi versi sarà un po’ come ritornare al passato, quando il gigantismo degli iper ancora non aveva conquistato la grande distribuzione e il supermercato di medie dimensioni già rispondeva alle esigenze dei clienti. Quindi, meno maxi gallerie e più punti vendita di vicinato.
La strada che sarà seguita è il ritorno al core business dell’azienda, cioè la vendita al dettaglio, con l’obiettivo di riconfermare la propria leadership, in un mercato che, negli ultimi anni, ha subito (e sta subendo) profonde trasformazioni specie con l’avvento del digitale e dell’e-commerce. Uno dei punti cardine sarà puntare su prodotti di marchio Coop con filiera tracciabile e ogni tipo di certificazione. Poi, gradualmente verrà ridotta la leva promozionale per arrivare a una politica di offerta costantemente incentrata sul miglior rapporto possibile qualità/prezzo. Gli investimenti, inoltre, si concentreranno sulla rete di vendita. Previste nuove aperture di negozi più piccoli e vicini a casa. Una scelta, hanno detto i vertici di Coop, fatta per soddisfare le richieste dei nostri soci.
Un cambiamento radicale che però era nell’aria. Un amico bravo e che conosce molto bene il mondo del commercio, da tempo mi dice che in giro per l’Europa c’è questa tendenza del ritorno alla struttura di vicinato.
Per come la vedo io è una novità che irrompe anche nella campagna elettorale. Se un colosso della distribuzione decide di cambiare strategia non lo fa certamente a cuor leggero. Significa, io credo, che è stato fatto uno studio dal quale è emerso che c’è in atto un cambiamento di abitudini. E deve essere anche rilevante se porta un colosso a cambiare quasi radicalmente il proprio modo di gestire il business. E, se realmente c’è questo orientamento, io penso che ne dovrebbero prendere atto anche i candidati dando risposte adeguate alle nuove esigenze.
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