Dal Ponte Nuovo tolte ottocento tonnellate di legna. Oggi Bonaccini in città
L’emergenza si è spostata a Forlì. Per l’esattezza a Villafranca. Lo ha confermato Stefano Bonaccini, presidente della Regione, che alle 13,30 di oggi era a Cesena (zona Ponte Nuovo) per verificare di persona la situazione. Ha detto che sarà chiesto lo stato di emergenza nazionale. L’obiettivo è di risarcire tutti i danni “dove non arriverà lo Stato ci penserà la Regione” ha garantito. Ha poi aggiunto che l’obiettivo è quello di lavorare nella prevenzione e che, in tal senso, ci sono progetti per cento milioni di euro.
Intanto Cesena sta tornando alla normalità. Ma la paura è stata tanta. Soprattutto perché si è trattato di un evento eccezionale. In Appennino sono caduti cento mm di pioggia e in pianura intorno ai cinquanta. Tanto per essere chiari, un livello di sei metri a San Carlo non era mai stato raggiunto. La preoccupazione è iniziata poco prima della mezzanotte di domenica. Alle tre sono state attivate tutte le strutture operative comunali e alle sei il sindaco ha convocato il Centro operativo comunale. Il resto è storia. Molto lavoro si è concentrato al ponte nuovo dove si erano ammassate ottocento tonnellate di legna.
Per fortuna, è proprio o caso di dirlo, nell’autunno scorso erano partiti i lavori per la pulizia e la messa in sicurezza del fiume. Operazione sulla quale i 5Stelle presentarono una interrogazione a risposta scritta.
Sia chiaro, l’intervento non è sufficiente per mettere definitivamente in sicurezza il fiume, in particolare di fronte a eventi eccezionali come quelle di questi giorni. Innanzitutto perché ci sono due tappi: ponte Nuovo e della ferrovia. Siccome è impensabile che possano essere sopraelevati, serve intervenire a monte. Le possibilità sono due. La prima è la diga di Quarto. Potrebbe diventare il primo argine. Più volte in questi giorni è stato chiesto di chiuderla tutta o in parte per ridurre il deflusso dell’acqua. Ma non è stato possibile perché l’invaso è totalmente inadeguato. Quindi servirebbe intervenire in quella direzione. Progetto che esiste da tempo immemorabile, ma che non decolla.
L’altro possibilità sono le casse di espansione. Ne sono previste diverse fra Borello e il ponte Vecchio, ma non decollano a causa della crisi dell’edilizia. C’è solo, in parte, Ca’ Bianchi. Quelle che in gergo sono definite casse di laminazione sono previste dove attualmente ci sono le cave. Purtroppo però l’attività di estrazione va molto a rilento a causa della domanda bassa.
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