170° anniversario della Trafila Garibaldina nel Forlivese

"Nel 1848 un’ondata di grandi rivolte per la libertà e la democrazia attraversa l’Europa, interessando anche il territorio italiano. Intere città insorgono per sbarazzarsi delle tirannie e per acquistare la libertà. Nel 1849 Garibaldi fugge da Roma dopo il naufragare del sogno democratico della Repubblica Romana, repressa nel sangue.

Una stampa d’epoca raffigurante gli ultimi istanti di Garibaldi


La storia, questa storia, inizia l’anno prima. Il 1848 è da considerare l’anno delle grandi rivoluzioni europee con ripercussioni all’interno dei vari piccoli Stati in cui era divisa l’Italia. Infatti, sulla spinta di una rivolta popolare negli Stati pontifici il Papa abbandonò Roma e si rifugiò a Gaeta, città sotto il dominio borbonico.
Il 9 febbraio dell’anno successivo venne proclamata la Repubblica Romana da parte di un governo provvisorio eletto a suffragio universale. Diedero il proprio apporto a questa straordinaria esperienza i più noti intellettuali e politici democratici; svolse un ruolo determinante Giuseppe Mazzini, mentre a Giuseppe Garibaldi fu affidato il compito di coordinare un esercito di volontari accorsi per difendere Roma che resse per quattro mesi l’assedio degli eserciti delle potenze europee prima di cedere alle truppe francesi. Giuseppe Garibaldi rifiutò di arrendersi. Lasciò la città con 4.000 uomini e si avviò a marce forzate per soccorrere Venezia che ancora resisteva all’assedio dell’esercito austriaco. Inseguito da cinque eserciti (francese, austriaco, papalino, borbonico e toscano), attraversate l’Umbria e le Marche, insieme ai suoi soldati, che nel frattempo si erano più che dimezzati, e alla moglie Anita, debilitata dalle fatiche delle marce estenuanti e dall’avanzato stato di gravidanza, Garibaldi raggiunse la Repubblica di San Marino. A San Marino sciolse la legione, non accettò salvacondotti e, braccato dagli austriaci, la sera del 1° agosto arrivò con un manipolo di volontari a Cesenatico. Ebbe così inizio, il 2 agosto 1849, uno degli episodi più belli e tragici del Risorgimento degli italiani. Per tredici giorni Garibaldi e i suoi verranno presi in consegna dalla rete clandestina dei patrioti repubblicani romagnoli per essere portati prima a Venezia, e poi, vista l’impossibilità di rompere l’accerchiamento austriaco, raggiungere la salvezza oltre l’Appennino. Dalle valli del Delta del fiume Po, alle balze di Modigliana, attraverso i territori del Ravennate e del forlivese, si snodò una lunga trafila di solidarietà e di resistenza, grazie alla quale poterono salvarsi almeno il Generale Garibaldi e il suo luogotenente Leggero.
I romagnoli, che numerosi avevano concorso alla nascita della Repubblica Romana ricoprirono diversi ruoli strategici (Aurelio Saffi fu Triunviro e Ministro degli Interni, mentre Giovita Lazzarini ricopri il ruolo di Ministro della Giustizia), non tradirono. È lo stesso Garibaldi in alcuni scritti a evidenziarlo. Nelle sue “Memorie” racconta: “Nessuno tra quelle popolazioni generose è capace di scendere alla delazione… La lunga dominazione del più perverso, del più corruttore dei governi non è stato capace di rammollire e depravare il carattere di quelle maschie popolazioni”.


E ancora: “I giovani, la maggior parte, era codesti coraggiosi romagnoli. Bisognava veder con che cura essi attendevano alla mia salvezza. Quando mi credevano in pericolo, in un punto, li vedevo giungere di notte con il biroccio… e trasportarmi a molte miglia di distanza in altre situazioni più sicure… i miei giovani protettori…”.
In una lettera inviata a Eugenio Valzania, il 3 agosto 1872, ricorderà che: “Sin dal principio di quest’ultima epopea italiana, dal ‘48 in qua voi ben sapete, che mi foste compagno in ogni impresa, quanto sia collegata la mia esistenza politica coi romagnoli. Da San Marino alle foci del Po non vi è un solo villaggio che non sia per me una reminescenza solenne d’affetto e di gratitudine… Il popolo di Bologna mi trasse fuori coi miei compagni dalle nevi dell’Appennino nel ‘48, quando i governi reazionari di codesto paese ci relegarono alle Filigari. Proscritto e perseguitato per boschi e monti, come un lupo, dovetti la mia ritirata da Roma dieci volte la vita ai coraggiosi figli di Comacchio, di Ravenna, di Forlì e della Romagna infine. Voi vedete non poter essere io indifferente a ciò che passa nei vostri paesi…”.
Concludevo il mio testo dando merito al CAI di Forlì di aver dato un contributo straordinario con la pubblicazione di “Sentiero Garibaldi”, a mantenere viva una delle storie più affascinanti che ha visto come protagonista la nostra terra. Con le iniziative in programma in questo mese di agosto si spera di dare un nuovo impulso alla conoscenza di queste vicende storiche che sono alla base della nostra Nazione. Nel corso dei prossimi giorni verranno pubblicati in quattro parti gli itinerari e le notizie storiche attinenti al percorso effettuato da Giuseppe Garibaldi e dal Maggiore Leggero da Forlì a Modigliana. 

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Gabriele Zelli

Gabriele Zelli è nato a Forlì il 5 marzo 1953. Da circa trent'anni si occupa in modo continuativo di cultura, sport e di attività sociali. Per Romagnapost, insieme a Marco Viroli, cura una rubrica intitolata "pillole forlivesi" dedicate alla storia della città. 

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