Se la percezione della fine della pandemia ci consegna un nuovo sentimento di ripartenza, la cosa migliore da fare è ricominciare a farsi le domande giuste per affrontare con decisione i prossimi mesi. A prescindere dal fatto di essere obbligati a portare le mascherine all’aperto.
Con un incontro in collaborazione con Randstad dedicato all’analisi delle competenze necessarie nel settore dell’agroalimentare abbiamo provato a disegnare alcuni scenari interessanti.
Sicuramente si apre lo spazio per nuovo sviluppo economico, in corrispondenza con il significativo rilancio degli investimenti sulla spinta delle risorse del Next Generation EU, ma c’è il rischio che la persistente difficoltà di reperimento di alcune figure professionali coerenti con le esigenze poste dall’evoluzione produttiva ed organizzativa del settore rappresenti un collo di bottiglia ed un ostacolo alla crescita.
La ricerca di Randstad ha preso in esame le industrie alimentari e delle bevande concentrandosi sui profili per i quali si registrano le maggiori difficoltà di reperimento a fronte di assunzioni pianificate. Guidano la classifica i tecnici dell’organizzazione e della gestione dei processi produttivi (75% di difficoltà di reperimento), seguiti dai meccanici e montatori di macchinari industriali (47%), dai tecnici della produzione e preparazione alimentare. L’indagine rivela che la difficoltà di reperimento dei profili ricercati risulta essere la sotto qualificazione dei lavoratori dal punto di vista tecnico/scientifico (57,8%), ma a preoccupare maggiormente dovrebbero essere quelle che indicano nella scarsa capacità di aggiornarsi e tenersi al passo con i cambiamenti tecnologici e/o organizzativi… oppure dalle scarse capacità di ascolto e di percezione degli obiettivi e dalle limitate attitudini relazionali.
Perché questi ambiti non riguardano solo l’aspetto lavorativo, ma la possibilità di essere pienamente cittadini nel futuro del nostro malconcio Paese.
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