Aiutare chi è in difficoltà è giusto, non è carità
di Gianpaolo Castagnoli
Da qualche tempo sto notando una gran brutta roba. È quella che usando un termine dotto viene chiamata aporofobia. Letteralmente significa avere una paura patologica della povertà o dei poveri. In realtà, a mio parere, questa lettura rigidamente etimologica non spiega bene il fenomeno in atto. Non è paura della povertà, che tra l’altro di questi tempi è anche un timore sensato; è disprezzo per i poveri. Una sorta di razzismo che, invece che su basi etniche, è di tipo classista e ha fondamenta socio-economiche.
È qualcosa che trovo vomitevole e una certa politica la cavalca in modo sempre più spudorato e cinico.
Da lí è partita la crociata contro il reddito di cittadinanza. Un’operazione ignobile e ve lo dice uno che, come sa bene chi mi conosce, pensa che quella misura sia stata pensata e soprattutto applicata in un modo disastroso. E non sono certo qui a dovere difendere il Movimento 5 Stelle, verso cui non sono un mistero le mie posizioni iper-critiche.
Però considero oscena e violenta la ragione per cui si è deciso di demolire quello che è uno strumento di grande civiltà, se viene organizzato come si deve. È stata fatta passare l’idea che chi è povero lo è per colpa sua. Un pensiero meschino di tanta gente che fa finta di non sapere che non tutti nasciamo con le stesse opportunità, che non tutti abbiamo le caratteristiche individuali che servono oggi per ottenere il benessere economico (ma magari, anzi sicuramente, possiamo avere tante altre doti, anche più ammirevoli, che però non sono “redditizie”) e che la vita di ciascuno è segnata anche da eventi casuali che lasciano segni a volte devastanti.
Perciò è da miserabili mentalmente e moralmente bollare chi è in difficoltà economica come uno che si trova in quella condizione per demeriti. E che quindi non va aiutato o, se proprio lo si fa, non è perché sia giusto ma per un gesto di carità buonista.
Per fortuna, ci sono esperienze meravigliose portate avanti da chi si sta ribellando a questa logica. Una di cui ho già scritto più volte è quella delle Cucine popolari di fianco al Don Baronio. Un luogo dove l’aporofobia è bandita e si punta ad andare molto oltre il pur importante gesto di dare da mangiare a chi ha fame ma non può permettersi un pasto. Faccio una proposta a chi sta leggendo questo post e ne condivide lo spirito: organizziamo un pranzo o una cena tutti assieme in quel posto. Chi ci sta? Scrivetelo nei commenti e proponete una data. Anzi, lo faccio io, visto che ho sempre mille problemi coi miei orari di lavoro. Va bene questo giovedì verso le 13.30?
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