Serve un nuovo modello economico
Sono passati sedici anni, ma nessuno ne parla più. Peccato. La speranza era che la crisi del 2008 ci avesse insegnato qualcosa. Invece è quasi come se non fosse successo niente e adesso rischiamo grosso. Perché ha ragione Francesco Gabbani quando, a proposito del suo nuovo brano (Frutta malinconia), dice: viviamo in uno scenario che tendenzialmente ci porta a desiderare quello che non abbiamo e a essere quello che non siamo.
Non a caso fu il desiderio dell’effimero a portarci alla crisi del 2008. Allora si parlò della bolla immobiliare. Vero, ma influì anche la forsennata voglia di spendere e, soprattutto, acquistando a rate con l’obiettivo di apparire.
Nulla sarà più come prima si diceva quando la situazione iniziò a normalizzarsi. Ma i buoni propositi ben presto sono finiti nel dimenticatoio. Ma tutto non è tornato come prima. La crisi del 2008 e gli eventi successivi (Covid compreso) hanno lasciato il segno. Tante, troppe persone sono rimaste indietro nel disinteresse generale.
Ed ora il mondo è attraversato da profonde ansie economiche che stanno lasciando una scia di disordini politici e di violenza sia nei Paesi poveri che in quelli ricchi. Questo perché la capacità di spesa non è più la stessa. L’ultima “botta” è arrivata dall’ inflazione. Il fatto che ora sia sotto controllo è solo una parziale soddisfazione. I prezzi si sono stabilizzati, ma indietro non torneranno. Ma, nel contempo, le entrate non sono cresciute allo stesso modo riducendo la capacità di spesa della classe media, della quale ormai rimane solo un vago ricordo.
Secondo un recente sondaggio, circa un terzo dei cittadini dell’Unione Europea ritiene che il proprio tenore di vita diminuirà nei prossimi cinque anni. E gli effetti possono essere imprevedibili. Fino ad ora il ventre molle dell’elettorato si è spostato da un partito all’ altro sperando nel cambiamento. Cosa che non è avvenuta e che difficilmente avverrà. Perché sarebbe necessario un nuovo modello che garantisca una diversa redistribuzione della ricchezza. Invece, pur con sfumature diverse, il modello esistente non viene intaccato e poco conta che la forbice aumenti.
Nel caso non ci sia una inversione di tendenza i rischi sono alti. Soprattutto due. E, paradossalmente, l’astensione è quello minore. Il malessere che si esprime in diverse parti del mondo, come riporta il New York Times, non può più essere sottovalutato o ritenuto un episodio marginale.
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