Alcuni sono stati dimenticati altri resistono
La sera che precedeva la festa, cioè il 3 febbraio, i contadini del comprensorio forlivese e oltre bruciavano cataste di fascine di ramaglie in segno di allegria e di devozione alla Madonna del Fuoco. È da questa antica pratica, pian piano abbandonata, che è nata la tradizione dei lumini rossi accesi sui davanzali delle finestre delle case, ad iniziare dal centro storico di Forlì dove non era possibile accendere i fuochi, se non nei tanti orti che esistevano entro le mura.
Alla Madonna ci si rivolgeva per invocare un buon raccolto accendendo i fuochi in suo onore e cantando, ovviamente in dialetto romagnolo: Allegria, allegria, / Madonnina benedetta! /
Madonnina di Forlì / fate allegria anche a me.
La sera della vigilia, dopo cena, era tradizione riempire delle cannucce di strame tonde e solide con polvere focaia. Verso le diciannove si mettevano le pagliuzze piene in un angolo della tavola e si accendevano con un fiammifero. Non appena bruciato il cappuccio di paglia il fuoco toccava la polvere e a quel punto la pagliuzza faceva un piccolo salto. Nella stragrande maggioranza dei casi la pagliuzza cadeva sul pavimento e girava per la cucina con la fiammella accesa (può essere paragonabile a una girandola innocua utilizzata oggi in occasione del capodanno).
Della consuetudine di prepare queste pagliuzze da molto tempo si è persa memoria.
In occasione del 4 febbraio a Forlì veniva messo in vendita un vino prodotto solo in zona: l’aleatico, che veniva tratto da un vitigno che dà uva con acini rotondi di color nero-bluastro e aroma caratteristico, da cui si ricava l’omonimo vino, dolce e liquoroso, di color rosso rubino.
Per le strade passavano i venditori che, come se fossero dei banditori, annunciavano che erano in possesso di “alèatic” da vendere. Anche questa tradizione è cessata molti decenni fa.
Una tradizione che si conserva, ma che fa i conti con le esigenze dei palati dei forlivesi da decenni abituati ad altri sapori, è quella della piadina della Madonna del Fuoco.
A Forlì tutto ciò che è schiacciato e commestibile porta il nome di piadina: la “piada” originale (la piè) ovviamente, ma anche la piadina salata che altrove si chiamerebbe focaccia, schiacciata o anche torta salata. La piadina della Madonna del Fuoco è una “specie” autoctona, una sorta di invitante “maritozzo” che non somiglia per nulla alla piadina romagnola e per di più è dolce. Nella versione moderna viene farcita con crema, cioccolata, uvetta o marzapane. Questo chiede il mercato. L’importante, però, è che non manchi l’ingrediente aromatico fondamentale: l’anice, anche se viene prodotta anche senza. Questa è una tradizione che si conserva, non a caso la piadina della Madonna del Fuoco si può già acquistare nei forni, così come nei negozi alimentari e nei supermercati.
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