10 Novembre 2025
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RAVENNA. Per Pier Luigi Pizzi, l’Orlando di Händel è stato il primo incontro con l’opera barocca – era il 1959 e fu chiamato a ideare le scenografie dello spettacolo diretto da Mario Ferrero al Maggio Fiorentino; per Ottavio Dantone il titolo è un capolavoro di pagine indimenticabili, senza una sola aria debole.

Ed è dall’incontro fra la regia di Pizzi e la direzione musicale di Dantone, alla guida di Accademia Bizantina, che fiorisce il nuovo allestimento di Orlando con cui si apre la Trilogia d’Autunno intitolata quest’anno L’invisibil fa vedere Amore.

Mercoledì 12 novembre, alle 20, è il primo dei cinque appuntamenti al Teatro Alighieri che, serata dopo serata, coronano la XXXVI edizione di Ravenna Festival. Mentre Orlando tornerà in scena venerdì 14, giovedì 13 debutta la seconda delle nuove produzioni create ad hoc per la Trilogia, ovvero Alcina (replica sabato 15), altro titolo con cui Händel si misura con vicende e personaggi dell’Orlando furioso. L’omaggio al compositore si completa con l’esecuzione del Messiah (domenica 16, in quest’unico caso alle 17), di nuovo con Accademia Bizantina diretta da Dantone e con il Coro della Cattedrale di Siena Guido Chigi Saracini preparato da Lorenzo Donati. La Trilogia d’Autunno 2025 è realizzata con il sostegno del Comune di Ravenna, della Regione Emilia-Romagna e del Ministero della Cultura e con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna; Eni è partner principale di Ravenna Festival.

Seppure oggetto di appena una decina di repliche, poi dimenticato per quasi due secoli (fino alla ripresa del 1922), Orlando è senza dubbio uno dei capolavori di Händel, che lo mise in scena sul palcoscenico del King’s Theatre di Londra nel gennaio del 1733. Trasfigurando in musica il poema cavalleresco, Orlando si inserisce in una lunga tradizione, ma nel segno di una straordinaria spinta innovativa e di una libertà formale del tutto inconsueta. E soprattutto efficacissima nel dare forma ai tormenti del protagonista, dalle pagine eroiche all’eloquenza drammatica della scena della pazzia. C’è Filippo Mineccia nei panni del paladino Orlando, perdutamente innamorato di Angelica (Francesca Pia Vitale), la principessa del Catai a sua volta legata al giovane saraceno Medoro (Elmar Hauser), di cui è invaghita anche la pastorella Dorinda (Martina Licari). Solo con l’intervento del mago Zoroastro (Christian Senn), Orlando ritornerà in sé. In scena anche Giacomo Decol come Amore, trait d’union fra le due opere, Diletta Filippetto come la principessa Isabella e Nicolò Matricardi e Luca Montresor come due soldati.  

“La tecnologia è la nuova macchina barocca che ci porta con magica rapidità in luoghi diversi – dichiara Pier Luigi Pizzi, che cura anche scene e costumidi entrambe le produzioni, mentre le luci sono di Oscar Frosio e Matteo Letizi firma l’editing video – Per le immagini di Orlando mi sono ispirato a Giacomo Torelli, il grande protagonista della scenografia barocca: tutto quello che si vedrà è parte della natura, alberi, prati, boschi, architetture arborescenti e un labirinto di siepi, dove ci si perde. In Alcina si respirerà un clima diverso, dominato dalla magia”. Questa è la seconda Trilogia caratterizzata dalla collaborazione fra Pizzi e Dantone, che l’anno scorso si sono misurati con Monteverdi e Purcell. Anche in questo caso il regista ha immaginato i due allestimenti come un progetto unico, utilizzando lo stesso dispositivo scenico con varianti per ogni singola opera, ma mantenendo la stessa linea interpretativa, spiegando che “la coerenza è ancor più necessaria perché le due opere provengono dalla stessa fonte, il poema cavalleresco di Ludovico Ariosto, in stretta parentela di linguaggio poetico. Nei due episodi la storia è piuttosto scarna e l’azione ridotta al minimo, ma attraverso la musica di Händel la narrazione si arricchisce di continue seducenti proposte”.

“Il Barocco? Lo definisco sempre come ‘strategia delle emozioni’ – sottolinea invece Ottavio Dantone, che sarà al clavicembalo e alla direzione – Per affrontare la musica barocca è necessario conoscerne i meccanismi. E non si tratta semplicemente di conoscere i trattati di tecnica strumentale o il trattamento degli abbellimenti… bisogna andare oltre, più in profondità, e appropriarsi di un vero e proprio modus operandi: ogni frammento, intervallo, tonalità ha il proprio significato, e ogni elemento va riconosciuto come momento emotivo. Per cui una discesa cromatica significa dolore, un saltus duriusculus imprime tormento, poi una quinta ascendente sta per vittoria e, al contrario, discendente vuol dire sconfitta… una semiotica attraverso la quale l’interprete onesto può ritrovare il senso della partitura: cogliere l’emozione, l’affetto voluto dal compositore, e restituirlo al pubblico.”

Info e prevendite 0544 249244 www.ravennafestival.org

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