La casa nel bosco a Palmoli dove vivono Nathan Trevallion e Catherine Birmingham a cui oggi il Tribunale per i minorenni di L'Aquila ha disposto la sospensione della potest‡ genitoriale dei tre figli minori, fra i 6 e gli 8 anni, che vivono con loro in un rudere fatiscente e privo di utenze e in una roulotte in provincia di Chieti. Disposto anche l'allontanamento dei bambini dalla dimora familiare e il loro collocamento in una casa famiglia e nominato un tutore provvisorio dei minori, l'avvocata Maria Luisa Palladino. ANSA/ANTONELLA SALVATORE
La sorte della famiglia nel bosco è una delle notizie sulle quali si è concentrata l’informazione da un po’ di tempo, non solo nel periodo prenatalizio. Il problema è legato alla sorte dei tre figli che, su decisione dei giudici, sono stati tolti ai genitori e affidati ad una comunità. Una scelta motivata dalle condizioni nelle quali la famiglia viveva. In effetti è un regime molto al limite. Non ci sono violenze (anzi), ma la decisione di un’esistenza molto vicina alla natura che non rispetta i canoni dell’attuale società. Quella dei giudici è una valutazione soggettiva quindi è inevitabile che ci siano i favorevoli e i contrari. Posizioni diametralmente opposte per le quali è impossibile trovare una mediazione.
Il problema sono i canoni della società moderna per i quali, però, continuiamo ad alzare l’asticella. Le condizioni, in tutti i sensi, non sono più quelle non solo di 50 anni fa, ma anche di uno o due lustri fa. Soprattutto negli ultimi tempi abbiamo accelerato di dieci volte la ruota che macina la nostra vita. E’ giusto?
Di sicuro è inevitabile. Perché, come scrive lo storico e filosofo Yuval Noah Harari in “Sapiens, da animale a dèi”, breve storia dell’umanità: una delle poche leggi della storia è che i lussi tendono a diventare necessità e a produrre nuovi obblighi. Una volta che ci si abitua ad un certo lusso, lo si da per scontato. Si comincia col farvi affidamento e si arriva al punto di non poter vivere senza di esso.
E’ giusto? Harari non è convinto. Anzi, tutt’altro. Non a caso arriva a teorizzare che il ritmo accelerato che abbiamo dato alla nostra vita ha reso “i nostri giorni più ansiosi e agitati”. Non a caso in precedenza aveva sostenuto che lo sviluppo dell’umanità ha creato problemi esistenziali. Il riferimento è alla rivoluzione agricola. Stiamo parlando di circa diecimila anni fa e cambiò il modo di vivere degli umani. In precedenza vivevano cacciando e raccogliendo (cacciatori-raccoglitori) quello che la natura produceva. Dopo, partendo da una regione collinosa tra Turchia e Iran, sono iniziate le coltivazioni che hanno cambiato il regime di vita, a partire dal nomadismo.
Ma, secondo Harari, questo non ha migliorato la qualità della vita dell’homo sapiens, anzi non solo l’ha peggiorata, ma è stato il passaggio fondamentale per portarlo a diventare il motore di un sistema in continua evoluzione e che ci obbliga a guardare sempre in avanti e di restare invischiati in quella che lui considera la “trappola del lusso”. E’ un po’ la filosofia della decrescita felice. Una scelta alla quale sarebbe comunque difficile adeguarsi.
La domanda delle cento pistole però è un’altra: è giusto obbligare le persone agli attuali canoni di vita?
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