‘Ciò che divieni quando raggiungi i tuoi obbiettivi è molto più importante di ciò che ottieni’ Henry David Thoreau
‘Il tuo mercato è come ti racconti’. Questa affermazione è uno degli slogan di Tribucoop. E’ pubblicato a chiare lettere sul sito della cooperativa: il luogo dell’impresa non è più declinato al singolare, ma si articola in un network di diversi servizi, offerte e piattaforme comunicative, che non solo devono garantire la transitività di messaggi e contenuti, ma anche favorire un adeguato sviluppo delle aziende.
In questo modo Tribucoop traduce in linguaggio locale il rivoluzionario messaggio del Cluetrain Manifesto, che nel 1999 propose una visione umanistica del marketing.
Diversi anni sono passati da allora, ma se qualcosa è cambiato, è l’urgenza di vedere soddisfatti i principi cardine del manifesto, specialmente quando la comunicazione delle imprese è copiosamente affidata a siti web e vari social network; nel condividere l’opinione di Tribucoop per cui ‘bisogna essere editori di se stessi’, di vitale importanza appare non tanto la specificità dell’argomento (un’affermazione quasi incontestabile) ma il COME si raggiunge questo obiettivo.
Analizziamo allora il testo del Cluetrain manifesto, manuale di comportamento e guida all’azione per imprese; prima di tutto, è essenziale puntualizzare che stiamo parlando di imprese-uomo e non di astratte entità dal vago sentore metafisico. Marketing, industrie e cooperative nulla hanno di reale se non il loro fattore umano e, come sostiene Tribucoop, ‘la personalizzazione di (qualsiasi) percorso è la garanzia della sua efficacia’. Questo è poi anche la strada giusta per poter familiarizzare con il lessico specifico del marketing che, se al primo sguardo può sembrare arido e ostile al quotidiano, fatto invece di vita vissuta ed emozioni, si scopre poi un adeguato strumento capace di descrivere cambiamenti, umori e psicologie d’azione.
Il Cluetrain manifesto fu scritto da Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls e David Weiberger, tutti blogger, business thinkers, intellettuali nell’era di Internet, anche se la parola ‘intellettuale’ potrebbe non fare piacere a chi, come loro, ha fatto dell’open source una filosofia di vita.
Con il manifesto hanno proposto la loro visione riguardo alla potente comunicazione globale innescata da internet, la necessità per le imprese (e non solo) di veicolare un messaggio dalla voce umana, ‘aperta, naturale, spontanea’ e di riferire sempre e comunque a una comunità di discorso.
Il marketing affida così al dialogo la sua esistenza e possibilità; sembra che internet abbia più o meno democraticamente permesso a chiunque di esprimere il proprio punto di vista e lo abbia fatto sopprimendo verticalismi; ad esempio, gli hyperlinks che frastagliano blog, website, progetti editoriali e non, rinnegano per natura la struttura gerarchica del testo classico, per puntare invece sulla trasversalità di un network, la cui forza sta nel diramarsi infinitamente in più direzioni di pensiero e di interesse.
Altro elemento portante della digitalizzazione del marketing è una sana dose di humour; ricordandoci quanto arido e muto può essere lo schermo di un computer, il Cluetrain manifesto esorta ancora una volta a umanizzare internet e a personalizzarlo con elementi divertenti, imprevisti e inaspettati, in modo da contrastare l’alienazione da ‘digital factory’, tipica di quando il tocco umano si riduce a cliccare tasti su una tastiera.
Un dialogo umano, che disprezza il generico e mira invece a valorizzare l’individuo nella sua specificità; un dialogo comico, se si vuole, aperto all’imprevisto e all’elemento di rottura.
Altro elemento del Cluetrain manifesto è la libera e trasversale espressione; per parlarne, Levine e soci scelgono addirittura di citare Elvis e la sua Suspicious Mind (‘We can’t go on together with suspicious minds’) a conferma del potenziale sinottico del marketing. Se le soluzioni si trovano per analogia, spaziare da un campo all’altro dello scibile diviene un must al fine di proporre idee originali e uniche. Il dialogo deve essere parziale il meno possibile e fiducioso nei confronti dei partner, perché ‘il sospetto uccide il mercato’.
Questa è la conversazione a cui anche Tribucoop fa riferimento: la conditio sine qua non per innovazione, produzione e crescita.
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