Sta per concludersi la lunga presidenza dell’Avv. Dolcini alla guida della Fondazione di Forlì. Si è trattato di un “regno” ventennale, amministrato complessivamente con capacità e senso di equilibrio. Quando Dolcini è diventato presidente, c’era ancora la Dc; Berlusconi era un semplice imprenditore; l’Urss era finita da poco; l’Italia era una delle 7 nazioni più industrializzate del mondo; la politica, a Forlì, era molto, molto diversa da adesso: e anche la società civile. Il peso della Fondazione, rispetto a quello delle istituzioni pubbliche era modesto: ora, nella crisi degli investimenti collettivi, in virtù di un notevole patrimonio, esso è cresciuto enormemente. Ebbene, la transizione da un presidente a un altro, a mio avviso – e lo dico da socio della Fondazione prima che da Sindaco – non può non avvenire senza una riflessione comunitaria, su ciò che è stato e su ciò che potrà o dovrà essere. Non possiamo pensare che, d’incanto, poche centinaia di persone siano coinvolte nella scelta di un demiurgo, il quale “farà lui”. Intorno al futuro di un bene che è comunque collettivo, credo si debba aprire – e non lo si è fatto finora – un dibattito. Che cosa dovrà fare la Fondazione? Quali dovranno essere i rapporti con le altre istituzioni? Come potrà funzionare questa “governance territoriale” (che per me è fondamentale)? E, ancora: è opportuno che la Fondazione sia in mano a politici? Io credo di no. Ma è un’opinione… Insomma. Vogliamo parlarne, da qualche parte? Oppure tutto deve essere lasciato, come nel Medioevo, ai caminetti dei soliti potenti di Forlì?
Roberto Balzani, via Facebook
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