La città che ci serve

Questo deve essere l'obiettivo dei candidati. Vanno indicate almeno cinque priorità. Ecco le mie

Bravo Moretti. L’assessore all’Urbanistica (uno dei migliori che abbiamo avuto) ha coniato un nuovo termine: la città che ci serve. Slogan che, se fossi un candidato, userei nella prossima campagna elettorale. Ha ragione, perché scelte dovrebbero essere fatte per la loro utilità per la città. È chiaro:  siccome la visione, la sensibilità, la cultura e i valori non sono uguali per tutti, ognuno ha una propria scala di priorità. Spesso, quindi, quello che ci piace è anche quello che riteniamo utile.

 

Per creare la città che ci serve io credo che sarebbe necessario indicare almeno cinque priorità. Naturalmente il programma dovrà essere più articolato, ma il lavoro iniziale dovrà essere concentrato sulle priorità. Queste le mie.

1 Bilancio. Chi mi conosce sa che è uno degli argomenti che preferisco. Ma non l’ho messo in cima alla lista per questo. Ma perché sono convinto che solo con un bilancio sano si può gestire bene una città dando forza alle scelte politiche ritenute prioritarie.

 

2 Burocrazia. Deve essere combattuta senza se e senza ma. Non è facile. Anche e soprattutto perché i dirigenti hanno sempre meno coraggio. Anche e soprattutto perché, spesso e volentieri, sono loro il front office con la procura alla quale ormai ci si rivolge ad ogni piè sospinto. In particolare quando si  trovano di fronte ad aspetti del regolamento non chiari. Quindi vanno tolti gli alibi. Poi i dirigenti dovranno essere esecutori di strade indicate dalla politica.

3 Città solidale. Spesso si fa confusione fra solidarietà e buonismo. Sono due cose completamente differenti. Le regole ci devono essere e fatte rispettare. Senza e senza ma. La città solidale invece è quella che dopo aver creato ricchezza la distribuisce in maniera equa. Quindi, nel rispetto delle regole, non si dimentica nessuno.

 

4 Investimenti. Per un keynesiano non potevano non essere una priorità. Ebbene, io credo che si possa aumentare, di almeno il dieci per cento, la quota del realizzato. In particolare con opere secondarie e di costi  medio basso i cui appalti possano interessare soprattutto le imprese locali. Resta il fatto che in presenza di un bilancio sano in candidato potrebbe decidere di investire anche in opere costose come sarebbe il parcheggio interrato in viale Carducci.


5 Ricerca. Va premesso che non possono essere gli enti locali a risolvere i problemi causati dallo Stato. In Italia su investe l’1,3 per cento del Pil, mentre la soglia minima dovrebbe essere il tre. Per questo i nostri giovani vanno all’estero (finché li prenderanno) e noi rischiamo di importare innovazione. Il Comune però qualcosa dovrebbe fare. Anche perché siamo un territorio fatto soprattutto di piccole e medie imprese che non hanno la forza economica per fare questo investimento. Ed allora si dovrebbe intensificare l’accordo con l’università. Ma un’idea potrebbe essere anche quella di potenziare iniziative come Cesenalab. In questo senso però un supporto deve arrivare anche dal mondo bancario per finanziare i progetti.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.