Potrebbe essere una buona guida per il Cesena a patto che non snaturi la filosofia dell'imprenditore. Deve evitare incursioni in campi che non gli competono
Ripartire dalla serie D. Che strano sentirlo dire per il Cesena. È ancora più strano saper di dover fare il derby con Savignano, San Mauro Pascoli e Forlì, squadre che, fino allo scorso anno, venivano prese in considerazione solo per l’allenamento di metà settimana.
Ma c’è una cosa che a un cesenate non solo risulta strano, ma da molto fastidio: essere una categoria sotto a Ravenna e Rimini. Passi il Ravenna. Con i giallorossi non c’è mai stata una particolare concorrenza. Ma il Rimini no. Non si può accettare di un essere un passo indietro. Non è mai successo a memoria d’uomo.
Eppure bisogna prenderne atto. È andata così. Inutile cercare colpevoli. L’importante adesso è ripartire. Cosa che a Bari, ad esempio, non sono ancora riusciti a fate. Sì riparte dalla D con la speranza, fra un anno, di essere in Lega Pro. Obiettivo obbligatorio se si dispone di un budget di un milione e mezzo.
La nuova guida sarà Corrado Augusto Patrignani. Che presidente sarà? Io sono piuttosto ottimista. È vero, ho sempre detto che non lo avrei mai votato come sindaco. È lo ribadisco. Ma le due cose sono diverse. Patrignani sindaco non mi sarebbe piaciuto perché abbiamo idee diverse sulla città. A partire dalla sosta. Ma anche la visione politica è diametralmente opposta. Poi non ho mai condiviso l’approccio, troppo populista. Anche se, va detto, negli ultimi anni è diventato più pragmatico e progettuale.
Invece potrebbe essere un buon presidente del Cesena. Del resto è innegabile che sia un imprenditore di successo. È partito da zero ed ha costruito una struttura importante. Insomma è una persona che sa preparare i business plan e li sa leggere e rispettare. Ed è quello di cui ha bisogno il Cesena e, più in generale, il calcio attuale. In particolare per le società piccole.
Non si può più correre il rischio di avere un presidente che si fa prendere dalla foga di vincere e non tiene sotto controllo i conti. E un imprenditore è quello che meglio di altri lo può fare. Nel calcio moderno serve managerialità. Senza quella non vai da nessuna parte. Cercare scorciatoie è inutile. Un buon presidente deve comportarsi come quando è alla guida della propria azienda: evitare salti nel buio.
Altra caratteristica deve essere quella di non voler farsi prendere la mano evitando incursioni in campi che non gli competono: quello tecnico.
Del resto un manager non è allo stesso tempo guida, contabile, responsabile della produzione. L’azienda è una piramide. Al vertice non ci si arriva per caso. E chi occupa quella posizione deve avere delle conoscenze, ma, soprattutto, saper scegliere le persone e delegare.
Anche il calcio è così. Senza un approccio simile tutto sarebbe enormemente più difficile. A meno che qualcuno non pensi che ci siano persone disposte a buttarci diversi milioni di euro ogni anno. Ma io non ne vedo. E, onestamente, non mi entusiasma neppure l’idea che un squadra di calcio diventi il giochino di qualcuno che, fra l’altro, quando si stancherebbe lascerebbe solo macerie.
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