Il progetto c'è è sarebbe cantierabile. Lo Stato non spenderebbe niente
I grossi problemi registrati in questi giorni hanno riacceso i riflettori sulla E45, strada che è tra le più importanti d’Italia, ma che da l’impressione di essere bistrattata o, forse, sottovalutata. Va riconosciuto che nell’ultimo periodo è stato fatto uno sforzo importante sul fronte della sicurezza. Fino alla metà del mese di novembre i cantieri pullulavano, soprattutto nel tratto umbro.
È positivo, ma, a mio avviso, pur sempre un palliativo. Nonostante gli adeguamenti e gli investimenti per la sicurezza, la superstrada continua ad essere inadeguata. È vecchia e sconta tutti i problemi legati all’età. La soluzione è solo una: farla diventare autostrada, ipotesi che, oltretutto, farebbe diventare Cesena (Pievesestina, nello specifico) uno dei nodi stradali più importanti d’Italia. Non sarebbe a livello di Bologna, ma ci andrebbe vicino. A quel punto, poi, anche l’aeroporto di Forlì potrebbe essere visto sotto tutta un’altra luce.
Il progetto c’è, sarebbe immediatamente cantierabile e non costerebbe niente allo Stato. È quello presentato da Bonsignore e che il Cipe aveva approvato. Si tratta della Mestre/Civitavecchia. Quindi era prevista anche la realizzazione del collegamento fra Ravenna e Mestre, la cosiddetta Romea bis, tratto del quale si sente una grandissima necessità alla luce della totale inadeguatezza e pericolosità dell’attuale percorso.
Per la E45 il progetto ovviamente prevede l’allargamento della strada e, in alcuni casi, la creazione di percorsi completamente nuovi come, ad esempio, per il delicatissimo e altrettanto importante nodo di Perugia, uno dei punti più problematici dell’intero percorso. Il costo era di poco superiore agli otto miliardi di euro, ma ora potrebbe essere lievitato vicino ai nove. Ma non ci sarebbe nessun esborso per lo Stato. In un primo momento era previsto uno stanziamento da parte delle casse statali. Poi fu trovato un accordo che prevedeva che lo Stato non ci mettesse nemmeno un euro, ma rinunciasse all’Iva che avrebbe incassato per i lavori. Una decisione che fu accompagnata da qualche polemica, tutte comunque rientrate.
All’epoca il costruttore (comunque si tratterebbe di un project financing) trovò una serie di accordi con le amministrazioni locali per realizzare quelle che Bonsignore definiva peduncoli, ma che, in realtà, erano opere importanti per il territorio come, ad esempio, l’Emilia bis che avrebbe collegato Cesena a Forlì.
Inoltre si era lavorato per evitare che i residenti avessero dovuto pagare antipatici e costosi pedaggi. L’accordo prevedeva la totale gratuità del tratto cesenate e una tessera gratuita per i residenti della Valle Savio.
Insomma, la coperta era apparecchiata. Allora c’era il governo Letta. Buona parte del merito fu di Massimo Bulbi. L’allora presidente della Provincia essendo ottimo amico del premier fu lo sponsor principale dell’opera.
Poi tutto saltò. Però basterebbe poco per rispolverare il progetto che, fra l’altro, permetterebbe allo Stato, nell’immediato e in prospettiva, di risparmiare cifre consistenti necessarie per la manutenzione.
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