Confcooperative Forlì-Cesena, nell’ambito delle attività connesse con il proprio 70° di fondazione, ha promosso, unitamente ad Aiccon e alla Scuola di Economia e Management dell’Università di Bologna (sede di Forlì), il convegno sul tema “Innovazione, competizione e cooperazione: quale governance per lo sviluppo delle imprese?”.
Si è trattato di un confronto ad alto livello, vista la presenza di personalità del calibro di Luciano Balbo (fondatore e presidente di Oltre Venture), Maurizio Gardini (presidente nazionale di Confcooperative) e Massimo Spisni (direttore del DISA, Dipartimento di Scienze Aziendali, Unibo), il cui confronto è stato anticipato dai saluti di Luca Mazzara (presidente Campus di Forlì), Mauro Neri (presidente Confcooperative Forlì-Cesena), Roberto Pinza (presidente Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì) e Federica Bandini (direttore della Laurea magistrale in Management dell’Economia Sociale).
Non a caso l’evento si è svolto nell’aula Gino Mattarelli della Scuola di Economia, una location molto significativa per Confcooperative, che, in tal modo, ha voluto rendere omaggio ad uno dei padri della cooperazione romagnola e ideatore su scala nazionale delle prime esperienze di cooperazione sociale.
Discutere su temi quali l’innovazione, la competizione e la cooperazione, in questo contesto, ha significato innanzitutto sfumare i confini fra mondi diversi e favorire la contaminazione fra formazione, finanza e imprese, fondamentale per disegnare nuovi modelli di sviluppo.
Luciano Balbo, uno dei massimi esperti italiani del Venture Capital e del Private Equity, con Oltre Venture, ha indirizzato la propria attività nella ricerca di capitali verso progetti imprenditoriali e innovativi in grado di creare valore sia agli azionisti, che alla collettività. Naturale, quindi, che le sue osservazioni siano ricadute, in primo luogo, sulla cooperazione sociale italiana, con la quale ha avuto relazioni molto strette (anche nell’ambito di CGM, Consorzio Gino Mattarelli), finanziando progetti sociali di grande rilevanza. “Oggi – ha affermato – la cooperazione sociale deve affiancare alla propria grande capacità erogativa, anche profonde doti imprenditoriali: anche il settore sanitario e sociale, se interessato da progetti innovativi di sviluppo, va affrontato con modelli imprenditoriali, comuni ad altri settori economici. Se non si segue questa strada, i rischi di insuccesso sono dietro l’angolo”. Un’analisi condivisa anche da Maurizio Gardini, che ha riconosciuto, a fronte dei cambiamenti di scenario nell’ambito sociale (meno risorse e più bisogni), l’esigenza di un cambio di passo da parte degli imprenditori sociali: “non più portatori di braccia e geometri di cantiere, ma architetti sociali in grado di progettare il proprio futuro con una nuova cultura d’impresa e nuove capacità realizzative, specie nell’ambito della reperibilità dei finanziamenti”. Massimo Spisni è partito da due concetti basilari, due pilastri per l’economia, qualsiasi essa sia: la competitività e il capitale. Due entità che sono essenziali per ogni impresa, profit e non profit. “Gli strumenti finanziari esistono – ha affermato – e sono i medesimi per ogni tipologia di impresa: il nocciolo della questione è il loro utilizzo razionale”.
L’analisi è, poi, passata, al rapporto fra decremento delle risorse e aumento dei bisogni sociali: un nodo che non può non tenere conto del ruolo dello Stato, chiamato ad una corretta gestione economica che si trasformi in qualità dei servizi. A fronte di una spesa sociale equiparata nella maggioranza dei Paesi occidentali, quando i servizi sono scadenti, significa che lo Stato non sta dirottando quanto dispone nel modo ottimale: “Bisogna dare valore – ha commentato Balbo – alle soluzioni che funzionano: un sistema che deve essere una regola anche nel campo della ricerca dei capitali, dove gli investitori si muovono in questa direzione”.
Il rapporto fra ricerca dei capitali e redditività, secondo Gardini, deve poggiare su almeno due aspetti: da una parte la “pazienza” degli investitori per ottenere un riscontro economico, specie per un progetto sociale, dall’altra una progettualità e una gestione oculata, per scongiurare il fallimento dell’idea imprenditoriale. “Se poi – ha sostenuto il presidente di Confcooperative – il progetto sociale genera benessere per una comunità locale, può essere auspicabile l’attivazione di strumenti finanziari dei cittadini di quel medesimo territorio, che potranno toccarne con mano i benefici”. “Tutto si gioca sulla sostenibilità del progetto – ha concluso Spisni – solo se questo aspetto poggia su solide basi, si potrà attivare la ricerca dei finanziamenti”.
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