Irrisolto il calo del potere d'acquisto delle famiglie
CESENA. Una brusca frenata dell’inflazione. Nel mese di ottobre l’Istat ha rilevato un aumento dell’1,8 per cento che è infinitamente più basso rispetto al +5,3% di settembre. La notizia è positiva, ma vanno evitati i trionfalismi. Che la crescita dei prezzi dovesse fermarsi era previsto. Non c’erano certezze sui tempi. Qualcuno riteneva dovesse succedere in questo periodo, altri avevano spostato l’asticella a primavera. Molto, se non tutto, era legato al prezzo degli energetici, cosa che è successa adesso. Non a caso Il Sole 24 Ore scrive: la drastica discesa del tasso di inflazione si deve in gran parte all’andamento dei prezzi dei beni energetici, in decisa decelerazione tendenziale a causa dell’effetto statistico derivante dal confronto con ottobre 2022, quando si registrarono forti aumenti dei prezzi del comparto: va ricordato che un anno fa l’incremento mensile era stato del 3,4% facendo schizzare il dato annuo all’11,8%. Quindi è stato annullato lo “scalino” che si era formato un anno fa.
Resta però l’emergenza sul caro vita e sulla perdita del potere d’acquisto delle famiglie che determina un calo dei consumi che è ancora in atto. Del resto, come scrive anche Avvenire, l’indice dei prezzi si è assestato su un aumento del 10 per cento rispetto ai valori di febbraio 2022, quando è iniziata la guerra in Ucraina, mentre le paghe orarie sono cresciute del quattro per cento. E questo penalizza i consumi.
Non a caso uno studio della Nielsen, società di ricerche di mercato, in vista del Natale prevede che il 43 per cento degli italiani quest’ anno taglierà le spese. Infatti le sigle dei consumatori restano tiepide davanti al miglioramento dell’indice dei prezzi perché non è sufficiente a migliorare i conti delle famiglie. Una situazione che, se non si risolve, rischia di essere un elemento penalizzante per l’economia.
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