Ambientato a Castrocaro nel Ventennio fascista
A volte è molto crudo, in alcuni passaggi forse troppo. Ma “I giorni di Vetro” (434 pagine, edizioni Einaudi) di Nicoletta Verna è un libro molto bello. Tra i migliori che abbia letto. E’ stato vincitore del premio Manzoni al romanzo storico 2024. Ma la presenza sarebbe stata più che giustificata anche in kermesse più blasonate, a partire da Strega e Bancarella.
E’ una storia che non da tregua ed è caratterizzata da tanto dolore, dolcezza e coraggio. Ci sono personaggi indimenticabili interpreti delle atrocità del fascismo. Lo stile è essenziale e scorrevole e non stonano le numerose espressioni dialettali che, anzi, proiettano il lettore in quei luoghi. Certo, i romagnoli sono facilitati nella comprensione. Inoltre l’autrice ha la capacità di intrecciare la narrativa storica con l’analisi sociale. E fa emergere le tantissime sfaccettature della natura umana.
La particolarità (o unicità) è la doppia narrazione in prima persona in una trama che con il passare delle pagine si intreccia sempre più. E’ ambientato a Castrocaro nel periodo del fascismo.
La protagonista è Redenta, ingenua, ma che con il suo sguardo sbilenco vede ciò che gli altri ignorano. La sua vita incrocia quella di Iris (il riferimento a Iris Versari è inevitabile), partigiana nella banda del comandante Diaz. Nella storia si intrecciano ventennio, guerra e prevaricazione maschile.
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