Il Sindaco di Castrocaro: «Chi si occuperà delle vallate se il Governo uccide i giornali locali?»

La battaglia per la libertà d’informazione non riguarda soltanto editori cooperativi e non profit, giornalisti e poligrafici, ma anche i sindaci, le comunità locali. Luigi Pieraccini, sindaco di Castrocaro Terme-Terra del Sole, storico territorio della Romagna Toscana, si assume la responsabilità di essere un amministratore pubblico in prima fila.

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Perché è convinto di questa battaglia che è prima culturale e poi politica?

«Nella mia vita ho lavorato, ho fatto il sindacalista a livello regionale e nazionale nella Uil, ma come amministratore locale conosco la necessità, il bisogno che ha una comunità locale nel potersi esprimere nella dimensione dell’informazione. Da questo punto di vista il lavoro fatto in questi ultimi 25 anni dal Corriere Romagna e da tutti i giornali che dedicano spazio alle cronache locali è stato un lavoro di qualità. Un lavoro che può essere integrato dalla comunicazione pubblica istituzionale come è avvenuto, ma non può essere sostituito. E’ indispensabile che esista una buona informazione locale che amplia e difende il tessuto di relazioni della democrazia».

E’ stato raggiunto dal grido di allarme di Mediacoop e dall’associazionismo circa il rischio di chiusura di trenta testate quotidiane e periodiche italiane?

«Sì ho letto articoli e documenti apparsi appunto sulla stampa locale ne condivido lo spirito. Meno giornali, soprattutto locali, vuole dire fare calare le voci e il tono stesso della democrazia. Per non parlare della questione del pluralismo. Chi si occuperà di Castrocaro, Terra del Sole, della vallata del Montone se chiudono i giornali locali? E’ illusorio che la grande stampa nazionale parli di noi…a meno che non vi sia qualche colossale delitto…e non c’è da augurarselo. Nelle edicole si vendono i giornali nei paesi solo se i parla di una cronaca locale, al massimo provinciale o romagnola…per le informazioni nazionali ed estere ci si affida ai telegiornali. Fra l’altro mi pare che la riduzione molto consistente di fondi pubblici, per quanto ho capito, non è stata fatta per un risparmio effettivo, ma per beneficiare altri soggetti fuori dall’editoria che forse non ne hanno neppure tanto bisogno. E’ la solita storia dei tagli lineari che finiscono per provocare più danni che benefici».

Una parte dell’opinione pubblica è nettamente contraria a fondi pubblici da destinare all’informazione in genere…

«Mi pare che tutti siamo stati chiamati più di 113 euro per il servizio radiotelevisivo pubblico e la campagna per fare pagare tutti è martellante. Questo apparato della Rai è da solo dieci volte più grande di quello dell’editoria locale…segno che questa informazione locale, non profit, fra l’altro riceve una contribuzione soltanto parziale rispetto ai loro bilanci. No, non sono convinto che la completa eliminazione del Fondo dell’editoria risolverà la domanda di informazione e di autonomia che reclamano i territori. Fra l’altro è inutile illudersi una parte della popolazione più anziana non riuscirà mai ad avere una dimestichezza con le nuove tecnologie tali da utilizzare le informazioni e saperle trasformare in azioni quotidiane per vivere meglio. Una sana informazione locale fra l’altro in Romagna da anni non in regime di monopolio di una sola testata ci ha fatto crescere tutti. Ha accompagnato la crescita della comunità. Sono stati soldi bene investiti. Non sprechi gettati dalla finestra. Per non parlare della crescita di singole figure di giornalisti che poi hanno dimostrato sul territorio di essere ottimi comunicatori anche di eventi culturali. sportivi più in generale. L’informazione locale dei giornali è anche stata una scuola formativa di relazioni e della crescita di immagine dei territori. Sono convinto che senza giornali staremmo tutti peggio. Meno informati dunque meno liberi: Non uccidiamo i giornali di idee, tantomeno quelli locali».

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