Profughi a Cesena: serve buon senso, non facile populismo

Ci sono esperienze che dimostrano che il problema (se tale è) può essere risolto senza problemi. Come, ad esempio, a Longiano. Serve però buon senso da parte di tutti. Per prima cosa i nuclei di immigrati non possono essere troppo numerosi. I circa sessanta di Macerone o Cesenatico sono troppi. Quindici è il numero limite. Cinque o sei sarebbe l’ideale. L’arrivo poi non va calato dall’alto. Deve essere preparato. È vero che tutto ruota attorno alla Prefettura. Ma i vari organi dello Stato devono dialogare tra loro. Poi gli immigrati devono fare la loro parte per favorire la loro integrazione. Nessuno chiede loro di cambiare abitudini e stili di vita. Nello stesso tempo però devono essere consapevoli che sono ospiti di un paese che ha abitudini, tradizioni e leggi differenti da quelle da del paese da dove provengono. Quindi devono tenerne rigorosamente conto.

A Cesena non è ancora stato sventato il pericolo di diventare una nuova Gorino. Cosa che, al netto degli errori che ci sono stati, in città nessuno vuole e, soprattutto, si augura. Il problema è quello dei profughi destinati a Borello. Il numero non è alto: quindici persone. Un nucleo, quindi, che difficilmente potrebbe sconvolgere l’equilibrio del Quartiere. Non a caso una consistente fetta della popolazione non solo non ha niente in contrario, ma è infastidita dall’eco della vicenda.

Però c’è stato un difetto di comunicazione. È quando ci si rende conto che situazioni del genere vengono calate dall’alto il malessere si eleva alla massima potenza. È un po’ quello che è successo a Borello. I residenti hanno saputo per caso che quindici profughi erano destinati in uno stabile gestito dalla Misericordia. Apriti cielo. Una decisione presa dalla Prefettura che, solo in un secondo momento, ha coinvolto l’Unione dei comuni. Se poi aggiungiamo che il Comune è sempre stato abbastanza in disparte, è facile capire come il comitato abbia trovato terreno fertile per la propria protesta, partendo dal fatto che in quel territorio il venti per cento della popolazione (dato doppio rispetto alla media comunale) è composto da immigrati. Poi il populismo ha fatto il resto e la situazione ha assunto contorni che vanno ben oltre la reale dimensione.

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Nelle analisi non dovremmo mai dimenticare che in Italia esiste un problema profughi. Possiamo anche far finta di niente e nascondere la testa sotto la sabbia. Però questo non significa che l’emergenza non esista. Nessuno vorrebbe che fosse così. Ma bisogna prenderne attod. E, soprattutto, dobbiamo essere consapevoli che continuerà. Non c’è nessuno che abbia la bacchetta magica e, di conseguenza, sia in grado di risolvere i problemi problema da un momento all’altro.

Allora possiamo girare la testa dall’altra parte e sperare che gli immigrati non vengano inviati vicino a casa nostra. Oppure armarci di quella dose di buon senso necessaria (non sto parlando di buonismo) e pretendere che le cose siano fatte come si deve per evitare inutili e antipatiche tensioni che non fanno bene a nessuno e non servono a niente.

Ci sono esperienze che dimostrano che il problema (se tale è) può essere risolto senza problemi. Come, ad esempio, a Longiano. Serve però buon senso da parte di tutti. Per prima cosa i nuclei di immigrati non possono essere troppo numerosi. I circa sessanta di Macerone o Cesenatico sono troppi. Quindici è il numero limite. Cinque o sei sarebbe l’ideale. L’arrivo poi non va calato dall’alto. Deve essere preparato. È vero che tutto ruota attorno alla Prefettura. Ma i vari organi dello Stato devono dialogare tra loro. Poi gli immigrati devono fare la loro parte per favorire la loro integrazione. Nessuno chiede loro di cambiare abitudini e stili di vita. Nello stesso tempo però devono essere consapevoli che sono ospiti di un paese che ha abitudini, tradizioni e leggi differenti da quelle da del paese da dove provengono. Quindi devono tenerne rigorosamente conto.

L’alternativa è dare spazio ai populismi che partono da un presupposto: alzare continuamente l’asticella della loro protesta. È un modo perfettamente legittimo di interpretare le cose e di fare politica. Ma a me non convince. Non è una questione di persone, ma di modi di fare. Di interpretare la società è la politica. La storia, del resto, insegna che il populismo è sempre stato arido di successi.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.