Sono passati poco più di 9 mesi dal sisma dell’Emilia e le ferite non sono certo rimarginate ne scomparse. Molte delle persone di quei territori, vivono ancora sulla propria pelle le paure, le tensioni, le sensazioni mai provate prima di un suolo che si fa onda e di un’onda che si trasforma in rombo sordo.
I disagi materiali non sono completamente scomparsi e quelli della psiche potrebbero perdurare per molti anni. Questa situazione oggettiva non può che farci sentire vicini e solidali ancora ora, ed anche in futuro con quelle popolazioni.
Leggendo però alcuni articoli di giornale ed ascoltando alcuni servizi radiotelevisivi negli ultimi giorni mi sono imbattuto in una frase del tipo: “lo Stato? E chi lo ha visto”.
Con molta umiltà allora alzo un dito e dico: “io”.
L’ho visto in televisione nell’intervento delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco e della protezione civile nei momenti dell’emergenza, l’ho visto nelle riunioni istituzionali con le parti sociali convocate in regione tra una scossa e l’altra e negli occhi scavati del Presidente Errani, l’ho visto nella sua ricerca di collaborazione con tutta la “filiera” istituzionale, dall’Unione Europea al più piccolo dei comuni, l’ho visto nel dichiarare subito che l’aiuto richiesto non doveva essere per nemmeno un euro superiore al danno ricevuto dopo i tanti “magna magna” sulle emergenze nel nostro paese. Ho visto lo Stato nel dialogo che le istituzioni del territorio hanno attivato tra le funzioni tecniche, quelle politiche e tutte le organizzazioni di rappresentanza imprenditoriale e l’ho visto nella solidarietà che le regioni meridionali hanno dimostrato dando i loro fondi di sviluppo rurale ai territori colpiti dal sisma.
Ho visto lo Stato nelle oltre 100 ordinanze emanate per permettere una ricostruzione il più veloce possibile e l’ho visto anche quando ha detto al mondo agricolo che si risarciva l’80 % come agli altri settori, anche se i “soldi agricoli” potevano permettere il 100%. Noi non siamo stati d’accordo, ma l’assunzione di responsabilità è una virtù che occorre rispettare anche se l’esito non ci favorisce.
Ho visto lo Stato anche quando l’assessore Muzzarelli e Rabboni erano consapevoli di ordinanze con difetti evidenti nelle diciture di alcuni commi, ma prendevano l’impegno di migliorare le cose cammin facendo evitando però di bloccare tutto in attesa della perfezione.
Ho visto lo Stato nella disponibilità dei funzionari regionali e provinciali ad ascoltare e risolvere problemi anche relativi ad un solo caso che rischiava di rimanere incastrato tra le maglie della burocrazia, ed ancora pochi giorni fa nel vedere l’emergere di una casistica non prevista che prova la difficoltà di prevedere tutto quando si scrivono leggi, emendamenti, ordinanze o circolari.
Ho visto il “famoso” Stato tante volte in difficoltà, ma con uomini e donne che lavorano per esso tentare di porre rimedio con buon senso e responsabilità.
Tantissimo è ancora da fare e tanti sono i punti che si possono migliorare e sarebbe molto importante che le istituzioni prendessero il caso terremoto in Emilia per comparare “best practices” e per fare leggi specifiche in caso di disastro.
Soprattutto oggi è pesante l’attesa dei fondi pubblici per la ricostruzione, perché aver visto lo Stato significa anche averne visti i suoi limiti costitutivi e di struttura, quelli inevitabili quando si parla di erogazione di fondi pubblici in un paese indebitato per il 120 % del suo pil.
Limiti connessi alla struttura ed alla tipologia che risaltano se per esempio nello stesso terremoto e nello stesso territorio vengono colpiti due caseifici, uno assicurato per i disastri ed uno no.
In questo caso, con questo esempio un Paese che vuole intelligentemente imparare dalle proprie esperienze deve guardare a queste cose perché anche l’amministrazione pubblica deve comprendere ed avere coscienza dei propri limiti per instaurare un rapporto di verità con i propri concittadini.
Perpetuare l’idea che ci saranno risorse per riparare qualunque guasto arrivi dalle catastrofi naturali non solo è sbagliato, ma è anche sleale, mentre avviare un percorso legislativo che incentivi e favorisca l’estensione di coperture assicurative “anti disastro” può diventare l’indicazione di un percorso virtuoso ed un’assunzione di responsabilità per il futuro.
Probabilmente poco apprezzata elettoralmente, ma generatrice di un maggiore rispetto al momento del bisogno.
Cristian Maretti
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