Più che il classico muro di gomma, è un vero e proprio muro di carta quello che si frappone fra le esigenze di verità e il caso ancora oscuro dell’assassinio di Ilaria Alpi e Milan Hrovatin.
I due giornalisti vennero uccisi nel 1994 a Mogadiscio dove si trovavano per indagare su un traffico d’armi e di rifiuti tossici tra l’Europa e la Somalia dei “signori della guerra”.
Un mistero mai chiarito, ma sul quale i servizi segreti italiani sapevano e sanno molto di più di quanto hanno detto.
C’è una pila di ottomila documenti negli archivi che i servizi di sicurezza militare (il famigerato Sismi, oggi Aise) hanno accumulato nel corso degli anni.
L’accesso alle carte è stato negato alla commissione parlamentare sui rifiuti.
Un’inchiesta del “Manifesto” ha sollevato il caso e ne è scaturita una petizione che in pochi giorni ha raccolto diverse decine di migliaia di firme di cittadini che chiedono finalmente chiarezza.
L’appello è indirizzato alla presidente della Camera Laura Boldrini.
È opportuno e doveroso, ma suscita comunque un senso di sconforto pensare che dopo tanti scandali, tante polemiche, tante promesse di pulizia, gli apparati di sicurezza dello Stato siano ancora una volta un ostacolo alla verità e alla giustizia piuttosto che uno strumento d’indagine.
Tocca al mondo dell’informazione e alla sensibilità dei cittadini farsi avanti per illuminare i tanti anfratti ancora oscuri della nostra storia recente.
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