Dare risposte ai giovani e alle partite Iva. Evitare di riconcorrere troppo il reddito di cittadinanza
Se vuole svoltare la sinistra italiana deve dialogare e, soprattutto, dare risposte ai giovani e alle partite Iva, due mondi che guardano in particolare ai 5Stelle. In passato gli imprenditori piccoli e medio piccoli avevano come punto di riferimento il centrodestra berlusconiano. Adesso si sono spostati verso Grillo.
Le richieste sono sempre le stesse. In particolare pressione fiscale ridotta e meno burocrazia. Per il primo punto si prega di ripassare. Nel senso che, al di là delle promesse elettorali, c’è pochissimo margine per agire. Verrebbe quasi da dire che sarebbe già grassa se non aumentasse. Sulla burocrazia invece ci sarebbe molto da fare. Veramente tanto. A partire dalle piccole cose. Si potrebbe fare tanto per alleviare agli imprenditori anche quei piccoli fastidi quotidiani che sono opprimente in particolare per le aziende piccole e piccolissime che non hanno (perchè non se li possono permettere) personale che se ne possa occupare. Purtroppo fino ad ora gli impegni elettorali sono stati quasi lettera morta. Quando ci sarà un ministero della Semplificazione degno del suo nome la forza politica che lo guiderà crescerà non solo nei sondaggi, ma anche nel voto reale.
I giovani invece cercano lavoro. Gli ultimi dati Istat attestano la disoccupazione giovanile sopra il quaranta per cento. È fuori di dubbio che stiamo perdendo delle generazioni. Possiamo fare tutte le dissertazioni filosofiche che vogliamo, ma il loro malessere è determinato soprattutto dalla mancanza di lavoro. Poi ci possiamo mettere internet, l’assenza di valori e tutto quello che vogliamo. Ma sono aspetti secondari. Inoltre non ci dobbiamo meravigliare perché votano 5Stelle. È vero che anche la proposta dei grillini è insufficiente e lacunosa, ma fino ad ora che risposte hanno ottenuto? Poco o niente. Quindi si aggrappano a quella che ritengono l’ultima ciambella di salvataggio.
È dimostrato che il problema occupazione non si risolve col Jobs Act, coi voucher o con Garanzia giovani. Quelli sono palliativi spesso più utili alle aziende. Quindi sono strumenti che possono esistere per l’emergenza. Bisogna invece creare nuovi posti di lavoro. Obiettivo non facile con una crescita inferiore all’un per cento e con lo spettro del manifattura 4.0. Al momento, secondo me, l’unica possibile ancora di salvezza è una politica keynesiana. Una politica di investimenti pubblici finanziati dal taglio alle spese dei ministeri e supportate da una burocrazia meno opprimente che consenta ai progetti di correre veloci. Potrebbe dare quella scossa all’economia che come passo successivo dovrebbe essere galvanizzata con il rilancio degli investimenti privati. Difficile, invece, invertire i fattori.
Ha ragione Aldo Cazzullo quando sul Corriere della Sera scrive che non serve un ritorno all’antico che facesse leva sulla pressione fiscale e sulla protezione sociale.
Altro tema che terrà banco nella prossima campagna elettorale è il reddito di cittadinanza. Premesso che un intervento in quella direzione doveva già essere fatto, la proposta dei 5Stelle non mi convince, dare settecento euro al mese a chi non ha lavoro. Mi piace di più invece il reddito di inclusione proposto dal governo: intervento solo sotto una certa soglia riconoscendo quattrocento euro al mese e alcuni servizi alla persona. A prescindere da cosa si sceglierà (probabilmente ne spunteranno altre), sarà fondamentale legare il contributo alla realizzazione di lavori socialmente utili. Qualcosa del genere in passato era stato fatto a Cesena. È chiaro i lavori non dovrebbero essere in concorrenza con quelli esistenti. Ci possono essere tantissime cose fare in una città. Così, alla rinfusa, mi vengono in mente alcune cose: pulire le sponde dei fiumi, fare vigilanza nei parchi e nelle zone a rischio, fare la spesa e i servizi agli anziani soli e in difficoltà.
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