La caratteristica principale è che dovrà avere una visione romagnola
Sono un cesenate profondamente innamorato della sua città. Stravedo a tal punto che la ho definita una piccola Roma. Di Cesena mi piace tutto, a partire dal suo centro piccolo, accogliente e senza neppure una strada dritta. Piazza del popolo e la sua fontana continuano a estasiarmi. Amo la campagna. Anche se non è più quella di una volta continua ad avere un enorme potere rilassante con le sue distese ordinate e inframezzate da case coloniche. Distese che raggiungono l’apice della bellezza al tramonto. Adoro i panorami. Sono un podista (piuttosto lento) che ama correre in collina. Ormai le ho percorse tutte e mi sono sempre goduto quei panorami mozzafiato dei quali ti puoi inebriare e che ti portano a dire che non abbiamo niente da invidiare a nessuno, nemmeno alla blasonata Toscana.
Per lavoro ho frequentato piuttosto assiduamente tutte le città della Romagna. Nessuna mi ha preso come Cesena. Forse anche perché sono sufficientemente obiettivo in quanto sono campanilista. Molto. A livello sportivo una delle gioie maggiori (forse la più grande) è stata la vittoria sul Rimini nei playoff di serie C. Per come è maturata è stata l’esplosione del piacere.
Spiegare qual è il rapporto con la mia città ritengo fosse il necessario incipit per il passaggio successivo. Per le amministrative si voterà fra due anni. Ma le scelte dei candidati a sindaco non dovranno essere fatte all’ultimo minuto. Già se ne parla. Ma, fra qualche mese si farà con sempre maggiore insistenza. Ebbene, vorrei dare il mio contributo. Non farò nomi. Ma elencherò alcune caratteristiche che ritengo debba avere il futuro inquilino di palazzo Albornoz.
Innanzitutto dovrà essere romagnolista convinto. Detto da un campanilista cronico può sembrare una contraddizione nei termini. Non lo è. L’aspetto amministrativo va scisso da tutto il resto. Non penso alla Regione. È una soluzione che non mi ha mai entusiasmato. Ma alla città metropolitana. In tal senso sottoscrivo in toto quello che Edoardo Preger, ex sindaco di Cesena, ha dichiarato in un’intervista pubblicata nel mio libro “Vent’anni a Cesena”. Alla domanda: per il futuro cosa servirebbe? Ha risposto: “Un salto di scala a dimensione dell’area vasta romagnola: Cesena, Forlì, Faenza, Ravenna e Rimini dovrebbero unirsi sulle grandi scelte infrastrutturali e sui servizi di dimensione territoriale: sanità, università, grandi strutture per la cultura, lo sport e lo spettacolo, le fiere, le strutture finanziarie e direzionali, dovrebbero essere pensati per servire un bacino di un milione di abitanti e non frazionati come oggi. La ‘città – Romagna’ potrebbe così diventare la quarta città italiana per dimensione, una inedita ‘città policentrica’, senza i disagi della grande città”.
Sono molto vicino anche quello che Paolo Montesi ha scritto nell’ultimo numero di Energie nuove: “In un mondo ideale, la politica e la rappresentanza dovrebbero modellarsi alla dimensione delle tematiche e delle sfide, ma purtroppo nel nostro mondo reale, nell’Italia della frammentazione e del campanilismo, la sostanza richiede che la rappresentanza politica, per essere efficace, debba poter contare su regole e soggetti che partecipano in modo strutturato alla governace di un territorio con confini definiti.
Questo ambito, è acclarato, non può più essere assolutamente comunale (anche se i Comuni rimangono l’istituzione più funzionante e vicina ai cittadini). Non può essere nemmeno solo provinciale. Ma forse non è sufficiente governabile dal livello regionale. Dunque la decisione di creare la provincia unica di Romagna è matura”.
Non deve però trattarsi dell’ennesimo carrozzone, ma di una struttura alla quale decentrare tutti i compiti dei quali parlava Preger. Non sarebbe una strada breve. Sarebbe complicata e affascinante. Ma molto stimolante per un sindaco.
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