La scelta potrebbe essere indispensabile per riequilibrare un eventuale accordo nazionale con Berlusconi. A quel punto sarà fondamentale il candidato a sindaco
Quindici giorni fa sembrava si dovesse votare nella primavera del 2018. Adesso pare che si debba andare alle urne all’inizio dell’autunno. Non so voi, ma io comincio a stancarmi. Ci vadano quando vogliono, ma a un patto: prima facciamo la legge di bilancio. Il rischio vero è andare all’esercizio provvisorio. Sarebbe una mezza catastrofe, a partire dal fatto che scatterebbero gli aumenti dell’Iva, operazione che rischierebbe di indebolire una ripresa ancora molto debole.
In politica mai dire mai. Ma in questo bailamme l’unica cosa che appare certa è la a scelta della legge elettorale. Essendo d’accordo i quattro partiti principali è facile immaginare che passerà.
Dal mio punto di vista ha solo un aspetto positivo: la soglia di sbarramento. Io alzerei ancora l’asticella per obbligare i piccoli partiti ad aggregarsi. Per il resto non mi sembra la panacea di tutti i mali. Ma, soprattutto, non mi piace che questa scelta sia propedeutica ad un’alleanza Renzi/Berlusconi. Potevo accettarlo, anche se con un po’ di mal pancia, quando c’è stata una emergenza. Ma trovarsi di fronte ad un’alleanza organica, ma mascherata, proprio non mi piace. Non ho niente di personale contro l’uomo di Arcore. Anzi, mi è anche simpatico. Ma politicamente è troppo distante da chi ha una filosofia di sinistra.
Il keynesiano che c’è in me potrebbe anche accettarlo. In fondo Berlusconi ha sempre dimostrato sensibilità verso gli investimenti pubblici. Un po’ meno per l’ambiente. Ma il sinistroide che ho dentro non lo può accettare. Berlusconi è un liberista e ha una visione della cosa pubblica distante anni luce dalla mia.
Lo Stato non è un’azienda né una famiglia. Dunque non va gestito come fosse un’impresa privata. Lo Stato dura nel tempo, i suoi obiettivi sono a lungo termine e riguardano la collettività, sono istruzione, sanità, crescita del benessere. Eppure da anni si sente dire che lo Stato deve “tirare la cinghia”. Ma così facendo perde di vista i suoi obiettivi. Non sono mio a dirlo, ma Eloi Laurent, economista francese, nel suo ultimo libro “Mitologie economiche”. Parole, nelle quali mi riconosco.
Onestamente non so quale potrà essere la risposta elettorale. Forse non ci sarà il tempo (soprattutto se si voterà in autunno) per metabolizzare quello che potrà succedere. Ma il rischio che io vedo è un altro: se il Pd dovrà bere l’amaro calice dell’accordo con Berlusconi, cosa succederà a livello locale?
Premetto che sarà molto difficile che ci possa essere un’alleanza fra Pd e Casali. Ma il problema non sarebbe quello, ma l’accordo con la sinistra. Va da sé che i rapporti nazionali influirebbero. Ma non credo possano esserci dei veti. Però, è chiaro, che, a quel punto, la sinistra locale (Mdp o come diavolo si chiamerà) alzerà il tiro e, molto difficilmente, accetterà un candidato a sindaco centrista. Servirà qualcuno con il Dna di sinistra.
Il primo nome che mi viene in mente è quello di Enzo Lattuca. Ma non è renziano e non ho ancora capito se il messere di Firenze è disposto a fare prigionieri. Molto spendibili sarebbero anche “Bicio” Landi e Simona Benedetti, entrambi con un marchio di sinistra, ma renziani. Ma per capirci qualcosa di più non bisognerà attendere molto. Soprattutto se si voterà non autunno dovranno essere riempire le prime caselle che, a caduta, avranno effetto anche su tutte le altre che dovranno essere decise entro la fine della prossima primavera.
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