Luigi Di Placido interviene nel dibattito sulla Regione Romagna
Continua il dibattito sulla Regione Romagna. Interviene Luigi Di Placido (Liberaldemocratici).
Lo diciamo con massima sincerità: questo dibattito sulla Regione Romagna non ci entusiasma, perché non riteniamo sia la soluzione ai problemi del nostro territorio.
Che di problemi ne ha, e parecchi, ma la cui soluzione sembra non voglia mai essere trovata.
Non neghiamo che spesso Bologna abbia un atteggiamento arrogante, ma non vogliamo mai dimenticare che questo è accaduto e accade anche e soprattutto per la debolezza della politica romagnola, debolezza che non svanirebbe, come per magia, con la creazione di una Regione.
Anzi: la debolezza politica diventerebbe ancora più pericolosa, perché non avrebbe neanche più contrappesi con i quali rapportarsi, e sprigionerebbe tutta la sua negatività.
Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso, recita l’adagio: niente di più vero anche in questo caso.
Gli esempi sono innumerevoli, e c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Una sanità che ha creato una struttura unica, all’interno della quale, però, ogni territorio continua a comportarsi come se il resto non esistesse (contribuendo, così, al permanere di ridondanze mediche e organizzative intollerabili).
Una cultura che non ha nessuna visione comune, anche perché una realtà importante come Cesena si è affidata a ERT, senza minimamente preoccuparsi di come questo avrebbe impedito ogni altro progetto integrato romagnolo.
Una politica infrastrutturale che vive di comportamenti stagni e meschine gelosie: ultimo esempio il possibile rilancio dell’aeroporto Ridolfi di Forlì, che viene osteggiato non per sfiducia verso il piano industriale, ma per il timore che danneggi altri territori, dimostrando una terrificante incapacità di analisi, oltre alla presunzione di volersi sostituire alle leggi di mercato: forse che il fallimento dell’aeroporto di Rimini è colpa degli emiliani cattivi?).
Una tema dei rifiuti che vede in territori limitrofi la schizofrenia tra i tentativi di rendere i comuni gestori diretti e responsabili, e la totale sottomissione a colossi che dicono alla politica cosa fare.
D’altra parte, l’identità romagnola politica e culturale si difende proficuamente anche senza creare nuove regioni, come ha ben dimostrato, ad esempio, Confcommercio cesenate, lavorando concretamente alla realizzazione di eventi e confronti, oppure sensibilizzando sulla necessità di dare vita ad un vero e proprio “brand” romagnolo.
In questo quadro, le parole dell’onorevole Lattuca sono un esercizio di buon senso, lontano dai toni spesso esagerati delle ultime settimane, che possono favorire un dibattito costruttivo.
Nel 2012 chiedemmo che Cesena aderisse all’invito dell’allora Sindaco di Forlì Balzani per la costituzione della provincia unica romagnola: ma allora si era nell’immediatezza di una forte riforma voluta dal Governo, oggi le province sono svuotate e prive di senso.
Per questo motivo, la provincia unica oggi non ha lo stesso senso che aveva nel 2012, e il rischio è che si costruisca una struttura già vecchia e senza mezzi per agire.
A nostro avviso, bisogna partire da altro, ovvero dalla semplificazione istituzionale, dando così un forte segnale di lungimiranza e coraggio politico.
Parliamo delle fusioni di comuni, sui quali altri sono stati molto più coraggiosi di noi: oltre ad aumentare le risorse disponibili per i servizi ai cittadini (grazie ai sostanziosi finanziamenti previsti dalla legge) arricchendo così tutto il territorio, sarebbero il primo passo per un coinvolgimento dei cittadini in un nuovo assetto che potrebbe sfociare, successivamente, in una “area metropolitana romagnola” con forte identità e grande capacità di interlocuzione.
La politica romagnola saprà raccogliere una sfida difficile ma entusiasmante, o preferirà rimanere alle chiacchiere da bar sport, fatte di urla e sparate?
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