Pensare alla trave, non allo stuzzicadenti

Sia a livello nazionale che locale il dibattito è concentrato su temi marginali, mentre le emergenze non vengono trattate

Serve una sinistra di massa e non legata alle élite. È il cuore del pensiero di Massimo Cacciari, filosofo, accademico e politico, espresso in un’intervista pubblicata oggi. Non si può che essere d’accordo con l’ex sindaco di Venezia. Però, attenzione alle ubriacature. Partecipare meno ai salotti è giusto, ma bisogna anche tenere presente che con un certo mondo ti ci devi interfacciare se vuoi produrre ricchezza. Il nodo vero, invece, è come la redistribuisci. È in quello che dimostri se sei o meno un partito di massa.

In questo non serve una sinistra che è diventata centro, come scrive Giuseppe Provenzano, trentasettenne vicedirettore della Svimez, nel libro “La sinistra e la scintilla”,  pubblicato di recente da Donzelli, che contiene un appello, e qualcosa di più, «a due o tre generazioni cui la sinistra non ha dato nulla» perché questa sinistra se la prendano, e in nome di un’idea moderna di socialismo.

Ed è proprio un’idea moderna di socialismo o di socialdemocrazia che deve essere alla base della proposta politica di una sinistra che innanzitutto ha bisogno di una propria identità. Chiara e forte. Evitando di rincorrere ricette e atteggiamenti populistici. Per prima cosa perché è inutile copiare: prevarrà sempre l’originale. In secondo piano perché serve una proposta chiara e identitaria, soprattutto in un momento molto delicato come quello attuale.


L’ultimo periodo è stato passato a discutere del caso Siri, degli immancabili stranieri o della legittima difesa. Nessuno invece ha detto nulla o quasi su un’inchiesta pubblicata da La Stampa (due pagine) sull’incertezza di come si evolverà l’occupazione che mette a rischio molti lavoratori. Per l’Ocse il 15,2 per cento dei posti di lavoro esistenti (circa tre milioni) potrebbe scomparire perché a rischio automazione. Colpiti: industria, commercio, costruzioni, agricoltura e pesca. Il problema principale è il gap della formazione, vera priorità nazionale. Il problema è che solo il 60 per cento delle imprese con almeno dieci dipendenti offre formazione continua. La media europea è del 75,2. Fatevi una domanda e datevi una risposta

Sono temi però dei quali nessuno pare preoccuparsi troppo. A partire dai social. Quindi, chi ci governa, che è molto sensibile a quel mondo, se ne guarda bene dal trattare il problema. Però prima o poi qualcuno dovrà farlo. Non parlo solo del livello nazionale, ma anche di quello locale dove, nel mondo produttivo, si moltiplicano gli investimenti in intelligenza artificiale (robot). Una crescita che dovrebbe preoccupare molto di più di quanto, invece, pare fare. L’impressione è che ci si preoccupi dello stuzzicadenti e non si veda la trave.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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