Il 170esimo anniversario della Trafila Garibaldina / secondo capitolo


I profughi, discesi cautamente per la impervia e ripida scarpata, furono quasi subito sulla riva del Rabbi. Stanga, per primo, a piedi, attraversò il torrente, battendo con una lunga canna sui sassi sporgenti dall’acqua, sui quali Gnarata e Garibaldi, Piriten e Leggero, dovevano posare sicuri il piede. Il guado avvenne a pochi metri dal gorgo di Calissen, quasi alla confluenza del Rabbi col Montone.”
Gnarata ora aveva preso il comando della spedizione e, alcune ore prima della partenza da casa Gori, aveva dato alcune direttive affinché tutto procedesse nel migliore dei modi senza correre alcun rischio. Ad esempio aveva fatto avvertire l’amico Montanari, detto “Calissen” “di ritirare, dalla riva del fiume, i suoi cani pastori, messi a guardia delle pecore. […] Era prudente impedire che l’abbaiare dei cani potesse richiamare l’attenzione delle Guardie Ambulanti. La casa Montanari poteva considerarsi come la “testa di ponte” di tutte le operazioni di trafugamento compiute dai contrabbandieri.” Giovanni Maltoni lo sapeva ed era considerato il più esperto tra le tante persone che a Forlì vivevano di contrabbando. Guadato il Rabbi, senza essere stati avvistati dalle guardie, la narrazione del trafugamento, fatta dal Ceccarelli a distanza di 83 anni dal 1849, continua con uguale dovizia di particolari degni di una cronaca fatta il giorno stesso dell’accaduto: “Attraversato il Rabbi, la brigata s’internò piegando leggermente a sinistra, nel fittissimo albereto, che a quei tempi copriva l’arenile fra le “due bocche dei fiumi” […]. I fuggiaschi, disposti in fila indiana, preceduti da Stanga, che faceva come da avanguardia e seguiti da Piriten, retroguardia, passarono vicino alla casa detta dei “Sibarul” (guardiani delle selve ndr) per poi imboccare il viottolo “ad Rabac”. Da questa stradicciuola scesero nel sentiero ancora conosciuto col nome di “e bus ad Laden” (la fonda di Ladino), nascosto anche questo tra intricatissime querce e sterpaglie. Poco prima di arrivare al podere “Braga”, Gnarata effettuò il guado del Montone, portandosi con tutti i suoi compagni di viaggio alla sinistra sponda, sulla quale corre il sentiero dei “Fiumi morti”.
Varcato di poco il confine dello Stato pontificio, il fido Stanga emise un lieve sibilo. Era questo un segnale d’arresto. Ognuno dei componenti la comitiva si irrigidisce restando in ascolto. Gnarata si china. Accosta l’orecchio a terra. Poi si alza e sottovoce: “Nessun pericolo, dice. È una pattuglia di cavalleggeri austriaci, che da Villa Paulucci, al di la del fiume, percorrendo la strada di Ladino, s’avvia verso Vecchiazzano per il solito servizio di perlustrazione”.


Alcuni minuti ancora di immobilità e di silenzio. Stanga accende uno zolfino indicando con questo segnale “via libera”. Risponde in egual modo Gnarata. “Non vorrete mica tradirci?” disse il Generale. “Oh stia tranquillo” rispose Gnarata allo sconosciuto profugo “noi siamo povera gente, ma dei galantuomini; e poi questa non è la prima di simili imprese nostre. Si fidi di noi!”. E Garibaldi, che portava un cappello a larga tesa: “Qualunque cosa accada, cercate di salvarvi: non pensate a noi”. Così dicendo batté con fa mano la cintura, nella quale aveva infilate due pistole.”
È ormai mezzanotte. Le poche guardie ambulanti accasermate alla Faragana dormono tranquillamente. Il fittone in pietra arenaria, piantato nel campo di fronte al ponte, che segna il confine tra lo Stato Pontificio e quello Toscano, è stato dai fuggiaschi oltrepassato di circa 200 metri. Con un taglio netto, in linea retta dalla sinistra del Montone, la comitiva si avvia verso il colle dove sorge il Palazzo ospitale. A un quarto dopo la mezzanotte del 16 agosto 1849, Garibaldi e Leggero erano abbracciati, in territorio di Terra del Sole, dal patriota Luigi Bassetti.
Il “Sentiero Garibaldi” segue solo in parte il percorso descritto dal Ceccarelli. Non è stato sempre possibile tracciarlo esattamente dove si pensa siano effettivamente passati i fuggiaschi del ’49. Il territorio soprattutto nell’ultimo secolo ha subìto modificazioni tali che gli stessi protagonisti della Trafila o lo stesso Garibaldi non sarebbero più in grado di riconoscerlo. La lapide murata sulla facciata di levante del Palazzo Conti fra le finestre della camera in cui dormì il Generale ne è ancora testimone, anche se la data sembra essere sbagliata. Garibaldi vi giunse dopo mezzanotte e quindi il 16 agosto. Questo il testo: TERRA DEL SOLE 10 MARZO 1890 / I CITTADINI / RICORDANO CON ORGOGLIO / L’IMMORTALE / GIUSEPPE GARIBALDI / CHE / NEL 15 AGOSTO 1849 / PROFUGO DA ROMA STRENUAMENTE DIFESA / QUI RIPARAVA / SERBANDOSI ALLE FUTURE LOTTE / ED AL TRIONFO DEI MILLE.
I cronisti del tempo, in particolare Pellegrino Baccarini e Giuseppe Calletti, sempre attenti ed accurati nell’annotare gli avvenimenti anche più insignificanti della vita cittadina, non si accorsero del passaggio di Garibaldi a Forlì nell’agosto del 1849. Non menzionarono il soggiorno del Generale in Zattini Casa Gori, né il suo trafugamento da Forll a Terra del Sole. Nessuno dei tanti che seppero e vennero a contatto con i ricercati aprirono bocca. È quasi da non credere!


A conclusione del racconto del trafugamento da Forlì al Palazzo del Diavolo, il Ceccarelli scrive: “Qualche giorno dopo, nel mercato di Castrocaro, Anastasio Tassinari di Dovadola – altro affiliato alla “Giovane Italia”, che aveva egli pure cooperato per condurre in salvo il prode Generale – vedendo Gnarata gli disse: Garibaldi, da te guidato al Palazzo di Terra del Sole, è arrivato felicemente in Toscana per mezzo di Don Giovanni Verità”. “Non si dice” narra il Gnarata “lo stupore, la gioia che provai a tale rivelazione; e seppi allora che il compagno di Garibaldi che si trascinava a stento era Leggero”.
Giovanni Maltoni, che fu guida da Forlì a Terra del Sole del glorioso fuggiasco, venne comunemente chiamato: “Salvatore di Garibaldi”.  “Gnarata” pagherà con la prigione il suo coraggio, come attesta anche la lapide appena leggibile sulla sua tomba nel Cimitero Monumentale di Forlì (1° lotto, parte destra, I 49): AFFETTO E GRATITUDINE FIGLIALE / VOLLE QUI RIUNITI / GLI AVANZI MORTALI DEI GENITORI / ANGELA BENINI / MORTA A 67 ANNI IL 19 GENNAIO 1883 / GIOVANNI MALTONI / MORTO A 73 ANNI IL 9 AGOSTO 1883 IN FORLÌ / NELLA SUA SALDA GIOVINEZZA / LA NOTTE DEL 15 AGOSTO 1849 / ELUDENDO L’INSIDIA DEGLI SGHERRI PAPALI / CONDUSSE IN SALVO / DA FORLÌ A TERRA DEL SOLE / GIUSEPPE GARIBALDI / SCONTANDO POI COL CARCERE / IL PATRIOTTICO ARDIMENTO / I FIGLI / ANTONIO ADELE ORESTILDE LUClA / Q.M.P.

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Gabriele Zelli

Gabriele Zelli è nato a Forlì il 5 marzo 1953. Da circa trent'anni si occupa in modo continuativo di cultura, sport e di attività sociali. Per Romagnapost, insieme a Marco Viroli, cura una rubrica intitolata "pillole forlivesi" dedicate alla storia della città. 

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