L’italia non è un luna park

Deprimente ascoltare i politici dopo aver seguito gli economisti

Ho sempre cercato di essere ottimista. Per questo, anche nei momenti più difficili, ho tentato di vedere il bicchiere mezzo pieno. Posizioni, le mie, che spesso hanno provocato se non critiche ilarità. Difficile pensare che nell’ultima fase della mia vita possa cambiare il mio modo di ragionare. Quindi, avrò sempre un approccio positivo. Ma questo non vuol dire che ritenga che vada tutto bene, madama e la marchesa.

Su quelli che potranno essere gli sviluppi futuri comincio ad avere sempre meno certezze. Per una serie di motivi. Non c’è una scala di valori. C’è la questione ambientale. Qualcuno, ad esempio Vittorio Feltri, la minimizza. Io no. Nessuno dei due ha conoscenze scientifiche tali da poter sostenere un dibattito. Io mi baso su quello che dicono gli scienziati e se sono preoccupati loro lo sono anch’io. E parecchio.

Carlo Cottatelli

C’è poi il sistema Italia. E qui è dura cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno. Essenzialmente per un motivo: non c’è la percezione di quel che serve. Non da parte dei politici, ma dalla base. Deprime, al di là dell’aspetto ideologico, vedere che il dibattito sia concentrato sul tema dell’immigrazione. Ma il problema principale è che la base chiede tutto e subito. Ma questo non si può avere. Non ci sono ricette miracolistiche. Non ci possono essere. Chi le promette è un imbonitore. Nulla di più.  

Ieri, “Fattore R” è stato interessante. Non ha detto niente di nuovissimo, ma a me è stato molto utile  per rafforzare quelle che erano state le mie idee sulle ricette politico/economico che servono al sistema Italia. Niente o quasi, però, che abbia a che vedere con quello che sento sbandierare in continuazione con il livello dei decibel della voce sempre più alti.

Lorenzo Bini Smaghi 2

Signori, è emerso forte e chiaro che se vogliamo avere un futuro dobbiamo ripartire dalla conoscenza. Che fa rima con scuola. Invece, negli ultimi venti anni, alla Pubblica istruzione abbiamo sempre tolto fondi ed ora, in Europa, siamo una Cenerentola. Ma investire sulla  conoscenza non da risultati immediati, ma ci permetterebbe di restare agganciati ai paesi più avanzati. Significativa è la frase del rettore dell’Università di Bologna: “Una volta si diceva: se non studi vai a lavorare. Adesso ai miei studenti dico: se studi vai a lavorare”. Perché solo con k conoscenze specifiche si potrà far parte dello staff di aziende che investono nell’industria 4.0 e sono tante, in Romagna il 62 per cento. L’alternativa è un lavoro manuale che sarà sempre più raro. E, temo, sottopagato.

Nello stesso tempo serve una seria politica giovanile, come sottolineato da Carlo Cottarelli. Mentre, fino ad ora, il sistema paese ha tutelato chi è in età più avanzata. Certo, in un sistema perfetto, servirebbero politiche per entrambi. Ma l’Italia ha pochi margini di manovra, come ha detto Bini Smaghi, e sarebbe arrivato il momento di puntare sui giovani. Innanzitutto per evitare che vadano all’estero. Perché questo è un altro problema: ci preoccupiamo degli immigrati che arrivano, ma non consideriamo che noi siamo diventati un paese di emigranti. E di questo passo siamo destinati non solo ad essere irrilevanti, ma a retrocedere a livello di paesi più arretrati.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.