Tutti (o quasi) lo bramano, poi lo impallinerebbero
CESENA. Gli italiani tifano per un governo Draghi. Se ancora ce ne era bisogno, l’ennesima conferma arriva da un sondaggio pubblicato sabato da Huffingtonpost che ha ripreso una studio fatto da Swg. L’ex presidente della Bce è il preferito del 26 per cento degli intervistati. Seguono: Conte al 20, Salvini e Meloni entrambi al 10. Del resto non è una novità che sia considerato l’ancora di salvezza per il malandato Belpaese. E si tratta di apprezzamenti meritati. Draghi è bravo. Lo è stato come presidente della Banca d’Italia e si è confermato alla guida della Bce. Se ora nel continente c’è una visione molto più europeista buona parte del merito è proprio di Draghi che ha dovuto combattere (vincendo) contro gli speculatori e i falchi del rigore, soprattutto i tedeschi, ma non solo. Difficile dirlo, ma senza di lui la Bce forse non avrebbe continuato a fare incetta di titoli italiani (come sta facendo) battendo proprio la strada segnata da Draghi.
La bontà delle sue idee è confermata dai suoi ultimi interventi, documenti che indicano la strada da percorrere per risolvere i problemi non solo dell’Italia, ma dell’Europa. Un conto però è avere a che fare con i componenti del board della Bce, persone che possono avere un’idea diversa, ma hanno una profonda conoscenza del tema che trattano. Un altro è doversi misurare con la politica italiana dove personalismi, battaglie di piccolo cabotaggio, populismo e posizioni ideologiche si sovrappongono per dettare l’agenda politica.
Ve lo immaginate Draghi dover trattare le politiche economiche con persone che faticherebbero a gestire un sali e tabacchi e che, invece, essendo stati eletti dal popolo ritengono di essere in possesso del verbo. Un esempio calzante lo ha fatto un mio amico: sarebbe come mettere Messi in mezzo a dieci amici del bar e pretendere, con quella squadra, di giocare il campionato di Serie A.
Comunque il problema principale sarebbe legato alla burocrazia. E’ quello il nodo che strozza l’Italia. Da noi i tempi autorizzativi sono circa quattro volte più alti rispetto ai paesi europei dove le cose funzionano. Chiunque sia chiamato al capezzale del Paese dovrebbe avere quella come priorità sapendo però che troverebbe l’opposizione di tante sacche che farebbero di tutto per difendere quella situazione che è un ostacolo per la crescita del paese, ma che per lui, o per loro, è un piccola garanzia di potere e, quindi, di privilegio. Sono incrostazioni difficili da sradicare e ci si potrebbe riuscire solo grazie un consesso politico che facesse quadrato attorno al premier rinunciando a personalismi e battaglie ideologiche e tutto quello che questo comporta. Ipotesi alla quale nessuno crede.
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