Da diversi anni a questa parte, durante le celebrazioni del 25 aprile a Forlì, vengono citati solo alcuni nominativi di antifascisti e partigiani che hanno avuto un ruolo primario nella Resistenza. Non capita quasi mai di sentire altri nomi che pure hanno dato un contributo importante, come, per fare un esempio, Giovanni Querzoli (Carpena 1884 – Forlimpopoli 1961), che voglio presentare con le parole che il sindaco repubblicano Icilio Missiroli scrisse il 21 luglio 1961 sul “Pensiero Romagnolo” a pochi giorni dalla morte in ricordo del compagno di partito. L’allora primo cittadino forlivese scrisse sotto il titolo “Un galantuomo”: “Nato nel 1884 Giovanni Querzoli aveva fin da giovanissimo vissuto la vita del nostro Partito, ascoltando gli ultimi maestri della scuola repubblicana italiana, quando ancor recente era il ricordo di Aurelio Saffi, l’esempio di Antonio Fratti e combattevano la loro battaglia uomini come Arcangelo Ghisleri, Giuseppe Gaudenzi, Gino Vendemini, Ubaldo Comandini. Nel loro insegnamento morale e civile egli si fece, e sentì la passione della lotta per l’intervento, e visse con pienezza di attività, accorrendo volontario, l’ultima guerra d’indipendenza nazionale, che era anche guerra di solidarietà europea e umana per la libertà dei popoli, e si trovò, alla fine del conflitto, nel pieno delle sue forze, pronto a servire la propria città ed il proprio partito. Alla città aveva già dato la sua opera di amministratore, come Consigliere comunale e doveva continuare a darla finché, dopo la marcia su Roma, un prefetto monarchico e fascista non rese impossibile – motivandola con ragioni “d’ordine pratico” – la riunione del Consiglio Comunale liberamente eletto, che era convocato per respingere le dimissioni imposte alla Giunta dai fascisti, nel momento in cui lo statuto giurato dal re veniva obbrobriosamente violato e tradito”.
Nel 1914, prima di partire volontario per il fronte, Giovanni Querzoli aveva costituito a Carpena (frazione di nascita) la Cooperativa Agricola e di Consumo “Giovanni Bovio”, un sodalizio “molto complesso e degno di trovare imitatori”, come raccontano le cronache del tempo, “che si occupa dell’acquisto e della rivendita dei più svariati generi necessari sia all’agricoltura sia alle famiglie coloniche. Possiede macchine per la trebbiatura, un mulino, uno spaccio”. Si affiliarono alla cooperativa “tutti i lavoratori della villa e quelli di Magliano, grazie all’impegno di Giovanni Querzoli”. Va sottolineato che il 14 agosto 1911 era stata inaugurata a Carpena la Casa del Popolo alla presenza del socialista Benito Mussolini. Tutta l’attività protesa a costituire cooperative, spacci e consorzi o a costruire case del popolo o repubblicane fu successivamente bruscamente interrotta dal fascismo. Nel capitolo che il volume “Uomini da ricordare” dedica a Querzoli, c’è una parte che fotografa molto bene la situazione: “I manganellatori brillavano di sacrosanto sdegno contro i “superati repubblicani” e di eroico coraggio nelle loro imprese dacché non trovavano oppositori. Uccisi gli Arfelli, i Capanni, costretti all’esilio altri, assente la forza pubblica, essi erano padroni indisturbati del campo e si atteggiavano ad eroi. Bastonature a largo raggio, prelievi di persone nel sonno dopo aver sfondato le porte, incendi. Alla sera del 3 dicembre 1923 appiccarono il fuoco alla sede del Consorzio (l’attuale edificio che ospita la Banca Nazionale del Lavoro ndr) come avevano fatto nei locali della Massoneria (sul luogo ora sorge la Casa del Mutilato ndr). Era dunque la rovina, non solo morale ma anche materiale. Ma un uomo dell’onesta e della tempra di Querzoli non si lasciò abbattere. Vendette la modesta casa che il babbo gli aveva lasciato, raggranellò tutte le sue poche sostanze e liquidò l’Ente pagando capitale ed interessi a tutti i creditori. Lezione di galantuonismo ai presunti rinnovatori del costume italiano, che da allora iniziarono il carnevale finanziario che fruttò tesori a loro e ridusse allo stremo il paese”.
Quando la situazione cambiò e il regime iniziò ad essere in difficoltà Querzoli fu ovviamente in prima fila. Durante il periodo clandestino tenne le fila nel movimento partigiano facendo parte del Comitato di Liberazione. Si impegnò per fornire sussidi alle famiglie dei detenuti politici, intensificò la propaganda con opuscoli e volantini, imprimendovi poi un criterio di moderazione essendo alieno da spiriti di vendetta. L’imperativo categorico che si impose fu “non voglio far soffrire agli altri quello che hanno fatto soffrire a me”, per ricostruire e far risorgere il paese e nel contempo gli ideali “assopiti ma non spenti” in cui credeva. Infatti, una volta liberata Forlì si impegnò nella riorganizzazione del Partito Repubblicano, e pur fra molteplici difficoltà ottenne
subito ottimi risultati. Il 2 dicembre 1945 si tenne al cinema Apollo la prima assemblea degli iscritti del risorto circolo “Mazzini”. Fu proprio Querzoli, in qualità di segretario del Comitato circondariale forlivese, a esporre il programma e a indicare i metodi d’azione del partito. Nello stesso anno venne nominato presidente della Cassa dei Risparmi, carica che mantenne fino al 1955. Così come divenne consigliere della Casa di Riposo di via Andrelini e fu sua la proposta, su indicazione della Giunta comunale, di eliminare l’intitolazione dell’Istituto assistenziale a Vittorio Emanuele II; cosa che avvenne il 6 dicembre 1946 (ora è intitolata al grande naturalista forlivese Pietro Zangheri che per tanti anni ne è stato direttore ndr).
Di Querzoli, che pur ebbe tanti punti di riferimento con la vita politica, sociale, economica e amministrativa cittadina, rimangono pochissimi scritti e non è ancora stata oggetto di studi la sua figura. In uno dei suoi rari scritti narra la nascita del “Consorzio Cooperativo tra le Case Repubblicane della Provincia di Forlì e le sue finalità” (consorzio che profondamente modificato dal momento della sua costituzione nel 1951 ha portato il suo nome fino a qualche anno fa ndr). È un documento di straordinario interesse che segnalo come meritevole di essere conosciuto e studiato.
Giovanni Querzoli morì il 17 luglio 1961; così si concludeva l’articolo di Icilio Missiroli citato all’inizio: “Ed ora ci ha lasciati. Non vedremo più la sua faccia leale, franca ed aperta, non sentiremo più lo scoppio dei suoi sdegni, talvolta ingenui, per la sua impossibilità di convincersi che molto del mondo di oggi non sia più quello che egli aveva conosciuto nella sua infanzia e nella sua gioventù. Non avremo più da lui quella forza intima che sapeva dare a chi lo avvicinava, quel senso di sicurezza che deriva dalla profondità della sua fede, dalla forza delle sue convinzioni. Eppure egli non ci ha lasciato del tutto; vive e vivrà fra noi la sua opera, resta il suo ricordo animatore, come una carica inesauribile di forza, che ci permetterà di sentire meno crudelmente il vuoto che lascia, lo sgomento del suo ineluttabile allontanarsi da noi”.
Gabriele Zelli
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