La ricetta ci sarebbe e il governo l'ha messa nero su bianco
Con buona pace per Matteo Salvini, il sistema pensionistico rischia di esplodere. Mentre il ministro delle Infrastrutture continua a chiedere di facilitare i prepensionamenti, Giorgetti, ministro dell’Economia e leghista come Salvini, lo gela: non c’è trippa per gatti. Le sue parole non sono state quelle, ma il significato sì. Il gestore dei conti nazionali ha detto, senza mezzi termini, che il sistema pensionistico al momento non è sostenibile e dagli studi fatti dal governo solo nel 2045 le cose torneranno a posto.
Nel frattempo c’è un buco di vent’anni da coprire ed è molto difficile pensare che lo Stato ogni anno possa farsi carico delle perdite. Per migliorare le cose si deve intervenire sul quadro demografico. Le strade sono due: aumentare le nascite o favorire l’ingresso di lavoratori stranieri nel nostro Paese. La prima soluzione è importante da perseguire, ma è una strategia a medio-lungo termine. E. oltretutto, non sarà facile arrivare ad un’inversione di tendenza. Non solo siamo il paese europeo più anziano, ma c’è una forbice da riempire: lo scorso anno in Italia sono nati circa 379 mila bambini, il 26 per cento rispetto a dieci anni fa. Quindi, se anche, dal prossimo anno, ci fosse un’impennata di nascite, servirebbero almeno una ventina d’anni per registrare effetti positivi sul mercato del lavoro.
Nell’immediato quindi è l’immigrazione che potrebbe risolvere il problema nel breve periodo. Lo scrive anche “Pagella politica”, sito online che base la sue analisi solo sui dati. Secondo Massimo Taddei spesso, chi decide di emigrare all’estero è piuttosto giovane e in grado di lavorare, ma al momento il nostro Paese non attira molto queste persone.
Poi cita i dati più aggiornati di Eurostat: nel 2022 sono arrivati in Italia sette immigrati ogni mille abitanti, contro gli 11,4 della media Ue, i 24,7 della Germania e i 26,4 della Spagna. E aggiunge che l’impatto di una maggiore immigrazione avrebbe effetti importanti sull’economia italiana. Ad affermarlo è proprio il governo italiano che nel Def approvato nel 2023 prevedeva che con un aumento del 33 per cento di immigrati entro il 2070 si verificherebbe una diminuzione del debito pubblico in rapporto al Pil pari a oltre 30 punti percentuali, frutto anche dalla maggiore sostenibilità del sistema pensionistico, con una minore necessità di trasferimenti pubblici all’Inps per coprire il divario contributivo.
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