«Faremo il punto tra una ventina d’anni, cosa resterà della magnificazione dell’intelligenza artificiale che vediamo oggi. Tra qualche tempo capiremo in quale scala di innovazione tecnologica la metteremo: se tra le prime cinque innovazioni dell’ultimo secolo, oppure no».
Così Dario Fabbri, direttore della rivista Domino e analista geopolitico, davanti ai cooperatori di Legacoop Romagna riuniti a Bagnacavallo.
ChatGpt, ha detto Fabbri, è una risorsa «non molto intelligente, ma per niente artificiale». A cosa si riferiva?
Posto che Fabbri è un analista eccellente, ma potrebbe sempre sbagliarsi, a me sono venute in mente un paio di riflessioni.
La prima è che — allo stato attuale — la cosiddetta AI funziona molto bene soprattutto se tu sei un esperto dell’argomento che le sottoponi.
Un mio collega, allo stato attuale, la paragona a uno stagista evoluto. Che poi anche gli stagisti hanno una loro funzione, in azienda, e sarebbe bene ricordarselo.
Ma va detto che da quando è apparsa sulla scena, nel 2022, i salti in avanti sono stati enormi. Nessuno sa cosa ci aspetta.
Migliorerà ancora?
I guru alla Sam Altman promettono di sì, ma a dire il vero non si sa mai bene quando, come e quanto.
Per gli scettici, la “road map” potrebbe essere come quella delle centrali a fusione nucleare, che sono sempre lì a un passo più o meno da sempre.
Per ora, le cosiddette “allucinazioni” sono all’ordine del giorno, come sanno bene gli avvocati di diversi paesi che hanno quasi distrutto la propria carriera citando (incolpevolmente) sentenze inventate da ChatGpt.
Ancora convinti di volere fare scrivere il prossimo documento da Google Gemini, Microsoft CoPilot o simili?
Fate una prova, chiedetegli di raccontarvi la trama di un romanzo poco noto, che amate e conoscete bene solo voi.
Io ho ottenuto una trama perfettamente inventata e nessun segno di rimorso. Ho ritentato, ottenendo qualche scusa e un’altra trama inventata.
Magari se avessi provato con un altro chatbot avrei ottenuto la risposta giusta. E come avrei fatto a sapere quale delle tre fosse stata quella corretta? A quel punto avrei fatto prima a leggere il romanzo.
Oppure, chiedete di disegnare un orologio che segna esattamente le tre e un quarto. Allo stato attuale è praticamente impossibile, perché il modello collassa sulla quantità enorme di orologi che si trovano su internet e segnano tutti le 10:10 per motivi estetici.
A proposito di creatività, e questo è il secondo elemento di analisi, l’enorme quantità di dati su cui sono stati “addestrati” i chatbot potrebbe derivare, in diversi casi, da furti di proprietà intellettuale.
Si può ancora parlare di uso legittimo (“fair use”), giustificato dai tremendi avanzamenti scientifici promessi?
La questione non è tanto e non solo etica, ma giuridica: quanto è sicuro per un professionista o per il dipendente di un’azienda pubblicare in un contesto lavorativo una immagine o un testo creati con la AI?
Non a caso, Adobe tiene molto a fare sapere che il suo modello, FireFly, è stato realizzato pagando i diritti ai singoli autori. Le immagini e i video che hanno nutrito i neuroni computerizzati, quindi, avevano avuto un ok legale. Purtroppo non è sempre così.
Resta il fatto che il sogno di una macchina che pensa e lavora per noi è meraviglioso.
Alla fine è sempre una questione di scelte.
Chissà perché, di fronte alle promesse di questo enorme avanzamento tecnologico mi torna in mente la frase di Marcello Mastroianni nei “Soliti Ignoti”.
«Rubare è un mestiere impegnativo, ci vuole gente seria. Mica come voi. Voi, al massimo, potete andare a lavorare».
Giornalista professionista. Nel 2013 da una mia idea è nata RomagnaPost, il multi blog che parla della Romagna. RomagnaPost non è una testata registrata, ma una infrastruttura tecnologica, uno spazio virtuale di aggregazione dei contenuti in cui scrivono i migliori autori della Romagna. Ogni autore è responsabile in prima persona di quanto scrive.
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