oplus_0
Leggere è una delle cose più belle che ci siano. E’ un’attività potenzialmente ricca di benefici, a breve e a lungo termine, per la salute psicologica e quella in generale. Nella mia personalissima top five (come dicono quelli che parlano bene) è ai primissimi posti. Adesso ai romanzi preferisco i saggi. Sono due cose completamente differenti. Il romanzo costruisce un mondo, il saggio analizza il nostro mondo. Lo scopo del romanzo è intrattenere, emozionare, esplorare la condizione umana attraverso storie e ci si lascia “guidare” dalla storia. Obiettivo del saggio è informare, spiegare, analizzare, persuadere su un argomento specifico. L’approccio dovrà essere analitico, critico, basato sulla ricerca perché mira a fornire terreno solido e attendibile.
Leggere dei saggi fa riflettere. La disamina poi aumenta quando il fine anno è caratterizzato dalla lettura di un trittico interessante, ma impegnativo: la storia di San Francesco di Barbero, “Alzarsi all’alba” di Mario Calabresi e “Sapiens, da animali a dèi” di Yuval Noah Harari. Tutti testi che fanno riflettere sulla nostra esistenza. Ha ragione Harari quando scrive che una delle poche leggi è che i lussi tendono a diventare una necessità e a produrre nuovi obblighi. Una volta che ci si abitua ad un certo lusso, lo si dà per scontato. Insomma, si entra in un ingranaggio dal quale è difficile (se non impossibile ndr) uscire.
Non è stato così per San Francesco. Il patrono d’Italia rinunciò agli agi della vita benestante per indossare il saio, ma, soprattutto, vivere nella povertà. Ma non per questo era perfetto. Quando si parla di una persona straordinaria si è portati a pensare alla figura perfetta. Ma non è così. Il Francesco raccontato da Barbero era un uomo pieno di durezze e contraddizioni, che aveva sperimentato la delusione e la sconfitta. Un uomo tormentato, duro, capace di gesti dolcissimi e di asprezze inaspettate. Non il santo sempre lieto che parlava agli uccellini, raffigurato negli affreschi di Giotto ad Assisi, o quello che ammansiva i lupi.
Insomma, le contraddizioni sono all’ordine del giorno. Del resto viviamo nel tempo delle comodità (come insegna anche Harari che ci spiega come e a quali costi ci siamo arrivati), dove ogni cosa è studiata per sembrarci facile. Ci illudiamo che ogni traguardo possa essere raggiunto con il minimo sforzo. Invece non è così. Non viviamo in un mondo di frutta candita. Harari ci insegna che siamo solo l’ingranaggio di un sistema che ci crea stress e arricchisce solo un ristretto numero di persone. Invece Calabresi, con le sue originali storie, attesta che per milioni di persone la fatica non è solo una compagna di vita quotidiana, ma una cifra essenziale dell’esistenza. Persone che sono consapevoli che non sia possibile conquistare traguardi e compiere imprese senza far fatica. Idea che, invece, si sta facendo sempre più strada.
Questo post è stato letto 44 volte
