La decisione del Comune di Forlì di assegnare la gestione della sosta alla società pubblica “Forlì Mobilità Integrata” desta grande preoccupazione all’interno del mondo delle cooperative sociali. Sono 23 i lavoratori della cooperativa sociale Coforpol impegnati nella gestione dei parcheggi di piazza XX Settembre, del Carmine, Cavour, Matteucci, Manzoni e Guido da Montefeltro. Di questi i lavoratori svantaggiati (non solo disabili, ma anche persone in situazione di disagio sociale, con problemi fisici o patologie di varia natura) sono 17. L’età va dai 36 ai 60 anni, con una media di 47 anni. Il primo maggio l’attuale appalto scadrà e sono a rischio i posti di lavoro. Coforpol, insieme a Legacoop Forlì-Cesena, sta incontrando ormai da mesi l’Amministrazione Comunale, i Sindacati e la Direzione Provinciale del Lavoro per cercare una soluzione.
Siamo preoccupati non solo per questa situazione contingente, ma perché si è diffusa la cultura molto pericolosa per cui le amministrazioni pubbliche preferiscono reinternalizzare i servizi. È una scelta che comporta più costi per il cittadino, al di là dei risparmi di brevissimo respiro. Le cooperative sociali sono nate per fornire servizi che storicamente i Comuni e le amministrazioni non riescono più a offrire direttamente e per includere al lavoro le fasce più deboli della nostra comunità. Oggi sono imprese a tutti gli effetti e colpirne una significa non solo colpire l’economia di questo territorio, ma metterne a repentaglio la coesione.
Le cooperative sociali di tipo B fanno lavorare persone svantaggiate e così garantiscono un ulteriore risparmio in termini di spesa assistenziale che però non viene mai contabilizzato. Capiamo i problemi di spesa delle amministrazioni, ma non è in questo modo che si sana un bilancio. Questa decisione mette in crisi un’impresa che ha più di 30 anni di storia, con conseguenze per tutti i lavoratori e per tutta la città.
Sappiamo che il servizio offerto da Coforpol è molto apprezzato dai cittadini. Un avanzamento tecnologico, quando toglie posti di lavoro ai disabili e agli svantaggiati crea un problema sociale e non è innovazione responsabile. Non ci sono lavoratori di serie A e di serie B. L’efficientamento e la razionalizzazione non possono coinvolgere solo le imprese private.
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