Diffido da chi promette i fuochi d'artificio. Servono programmazione e visione a medio è lungo termine. La politica amministrativa necessita di tempo. Almeno due legislature
L’Europa si inchina a Macron. Il neo eletto presidente francese è il nome nuovo della politica europea se non, addirittura, mondiale. In men che non di dica ha oscurato anche Donald Trump, presidente degli Stati Uniti.
Ora monsieur le président ha il vento in poppa. Ma i problemi sono dietro l’angolo. Tutti lo guardano con interesse e si aspettano i fuochi d’artificio. La situazione è più o meno la stessa di quando fu eletto Barack Obama. Poi, fra un pò, arriveranno i primi mugugni. Non perché Macron non sia bravo. O perché non prenderà iniziative. Ma, se anche lo facesse, nemmeno lui potrà stravolgere le cose.
Il fatto è che dobbiamo smettere di pensare che ci sia l’uomo dei miracoli. Quello non esiste, tantomeno in politica. Anzi, bisogna diffidare da chi vuol far credere che ha la bacchetta magica e che cambierà radicalmente le cose. In politica, come nella vita, non è così. Bisogna procedere per gradi. Servono i piccoli passi.
I colpi ad effetto servono nell’immediato, ma non nel medio e lungo termine. Per centrare quell’obiettivo serve una pianificazione di prospettiva. Nell’ultimo quarto di secolo ci ha provato Prodi che però, visti i numeri che aveva, forse doveva essere un pò più populista. In alcuni casi fare di necessità virtù. Per il resto ha furoreggiato la politica degli annunci e quella del mordi e fuggi. E il risultato è sotto gli occhi di tutti.
A qualsiasi obiettivo ci si arriva procedendo per gradi. Prendiamo, ad esempio, le tasse. È inutile annunciare riduzioni e poi fare tagli a livello locale. Con i vasi comunicanti non si fa da nessuna parte.
Il problema, va detto, si eleva alla massima potenza a livello nazionale. Anche perché nelle dimensioni municipalizzate fai fatica a promettere la luna nel pozzo. Moltissimo è condizionato dalle scelte nazionali, a partire dall’andamento dell’economia.
Questo non vuol che un sindaco non possa incidere. Ci sono tanti ambiti in cui può agire per modificare il volto di una città. Ma, anche in questo caso, sarebbe sbagliato pensare che possa arrivare qualcuno che dall’oggi al domani rivolta con un calzino il territorio di competenza. Per cominciare a vedere gli effetti non è sufficiente neppure una legislatura. Ne servono due.
Anche e soprattutto perché la politica amministrativa ha dei tempi molto più lunghi del privato. Questo a causa di una serie di vincoli che possono essere un limite al decisionismo, ma che garantiscono una maggiore trasparenza. Anche se a volte lacci e lacciuoli sono esagerati.
In tutto questo però sono importanti gli atti che si fanno a inizio legislatura. È in quel frangente che si inquadra il futuro lavoro. Di solito si parla dei primi cento giorni. È un modo di dire. Possono essere di più o anche di meno. A mio modo di vedere la prima vera impostazione (al di là di quelle che sono le emergenze reali e quindi da affrontare con provvedimenti immediati) la si dà con il primo bilancio. È quello che dà la dimensione, lo spessore di un governo, di qualsiasi ordine e grado.
Quindi, per concludere, mi piacerebbe (e sarebbe molto utile) che le promesse roboanti o i fuochi d’artificio lasciassero spazio alle parole programmazione e visione di lungo termine. Potrebbero non pagare elettoralmente? Lo so. Ma non posso farci niente.
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