Novembre 1944: distrutto il Santuario della Madonna della Boara e gravemente danneggiata la Chiesa di San Michele Arcangelo di Malmissole

 Interno del Santuario di Santa Maria della Boara di Malmissole 

Continua la pubblicazione di alcuni stralci del libro “1944: il passaggio del fronte dai diari e dalle memorie dei parroci di Barisano, Malmissole, Poggio, Roncadello e San Giorgio”, curato da don Antonino Nicotra, parroco dell’Unità Pastorale delle stesse località, da Mario Proli, storico, e da Gabriele Zelli, cultore di storia locale. 
È la volta di Malmissole dove esercitava le funzioni di parroco don Giacomo Zaccaria (Meldola 1904 – Forlì 1991), che nacque a Ricò di Meldola da una modesta famiglia di profonda e vissuta fede cristiana.

Immagine di Santa Maria del Carmelo che era conservata nel Santuario di Malmissole 

Avviato al Seminario di Forlì percorse il normale corso di studi ginnasiali e al Seminario Regionale di Bologna seguì gli studi filosofici e teologici. Era tuttavia sensibile al magistero storico di mons. Giuseppe Rossini, discepolo di mons. Francesco Lanzoni, personaggi che lasciarono il segno nella storiografia italiana e romagnola. Fu consacrato sacerdote nei giorni giubilari della Madonna del Fuoco (1928) e fu inviato come cappellano a S. Francesco di Meldola ove collaborò con il dinamico mons. Achille Lega fino a quando fu colpito dalla tubercolosi e dovette rientrare nella povera famiglia già provata dalla terribile malattia (ne morirono un fratello e una sorella). 
Fu inviato parroco nella piccola parrocchia di S. Agostino in Rocca d’Elmici, nella valle del Rabbi e, sorprendentemente, in essa riacquistò una forte salute che non l’abbandonò sino agli ultimi giorni di vita. Nella quieta parrocchia iniziò gli studi storici (soprattutto tramite l’utilizzo di documenti archivistici esaminati minuziosamente) e nel 1935 pubblicò la prima operetta sulla pieve meldolese di S. Pietro in Cerreto anticamente ubicata ove in quello stesso anno il vescovo Giuseppe Rolla inaugurava la nuova villa estiva del Seminario. Passò parroco a Fiumana (1937) ove si scontrò con il fascismo locale per cui fu inviato a Malmissole (1939) ed infine a Branzolino (1946). Qui intraprese, in mezzo a gravi difficoltà, la ricostruzione della canonica.

 Santuario di Santa Maria della Boara di Malmissole 

Fu un sacerdote semplice ed attuò una pastorale in piena obbedienza e sintonia con le indicazioni della Chiesa e del Vescovo pur in una modesta parrocchia che non offriva vaste possibilità di azione.
Don Zaccaria nelle memorie relative all’anno 1944 scrive che: “La parrocchia a poco a poco si riempie di sfollati. Tutte le famiglie sono pigiate da altre tre o quattro famiglie forlivesi che si ricoverano in tutti i buchi. Ne scapitano la moralità e forse anche la carità. Dal bene abituarsi al male era difficile per queste persone. Entravano chiedendo niente, uscivano chiedendo tutto.
Ho fatto uno stato d’anime di questi sfollati per loro comodità e anche mia. Quando qualcuno mi chiede di loro, subito so dare l’indicazione. Tutte queste famiglie religiosamente parlando erano abbastanza esemplari. Anche le feste che si sono fatte quest’anno, come pure le funzioni, si sono fatte con proprietà e con grande frequenza di popolo. Eccetto nel mese anteriore all’invasione, perché gli aerei erano sempre sopra. Dalle offerte si fece anche qualche regalo alla Chiesa, come una pianeta verde giallo, un piviale nero, ambedue di damasco, un messale da morto, ecc. ecc. Oltre 20 candelieri usati, belli, da S. Pietro in Vincoli, di legno, da indorare dopo la guerra”.
La situazione peggiorò tanto che don Zaccaria annotò che: “La festa del patrono San Michele si svolse con poca frequenza. Mentre si doveva cantare la Messa, le fortezze volanti (aerei) bombardavano Forlì. Noi guardavamo dal campanile, luogo ove osservavamo le varie direzioni e i vari sganciamenti (delle bombe) degli aerei”. 
Don Zaccaria ricorda che per ripararsi dai bombardamenti e dai cannoneggiamenti “già da vari mesi le nostre campagne erano piene di rifugi sotterranei per ripararsi dalla caduta delle bombe; o di nascondigli camuffati a pian di terra, per evitare che gli uomini fossero strappati alle loro famiglie, mandati in Germania od obbligati a far parte dell’esercito repubblichino di Mussolini.
Rifugi che furono quasi inutili perché alle prime piogge si riempirono di acqua”.
In effetti le abbondanti piogge ritardarono l’avanzata dell’Esercito Alleato tanto che don Zaccaria scrive: “Gli Inglesi presto sarebbero stati fra noi se non avesse piovuto. Piove fino alla fine di Ottobre ed ai primi di novembre. I fiumi ingrossano. I ponti sono saltati in aria. I Tedeschi resistono. Hanno tutto il tempo per poter collocare mine”. 
Poi il parroco racconta con toni angosciati i danni enormi prodotti dai guastatori dell’esercito tedesco: “2 novembre 1944. Giorno dei morti, ma brutto per noi vivi. Tre tedeschi si presentano dopo mezzogiorno. Si mangia, si offre anche a loro il cibo e il vino per farli ragionevoli. Hanno l’ordine di gettar giù il campanile, perché “qui cadere molte granate, causa campanile” (Dopo ne caddero di più). Ci mostrarono una “piccola mina, sei chili, piccola cosa”, nera, tonda. Noi li pregammo di desistere; non ci fu verso. Andammo a chiamare uomini per salvare le campane. Ma gli uomini tiravano indietro per timore di essere razziati dai tedeschi. 
Avemmo il tempo di mezz’ora e in così breve periodo ben poco si poté fare. Ci mandarono nella casa vicina e poi vennero anche loro. Da questa contemplammo l’esplosione delle mine, la distruzione del campanile e della chiesa (e di tante nostre fatiche). Due mine erano state poste. Una lunga a pian terreno, l’altra al secondo piano (quella tonda e nera). Ritornammo pieni di tristezza alla nostra canonica. Era così nascosta da un nugolo di polvere, che la credevamo distrutta del tutto. Per bontà di Dio, ciò non fu. Ai tedeschi che erano tornati con noi per osservare l’effetto e che ridevano, dissi: “Siete contenti, ora?”. Risero di più. 
Guardingo, per timore che i piedi e la testa non fossero al sicuro, salii i gradini della scala staccata dalla parete. Dal pianerottolo mi affacciai alla finestra e non vidi più il campanile e la chiesa di Boara. Compresi che anche questa era stata fatta saltare da mine. Corsi verso Boara, trovai tutto a terra, dalle macerie cavai l’immagine della Vergine, la baciai e la portai a casa. 
Si erano aperte le pareti della chiesina ed il tetto era quasi ancora unito. Il campanile era caduto da una parte, quasi tutto d’un pezzo. Le campane erano rimaste intatte, al contrario di quelle della parrocchia, frantumate in mille pezzi. Molto si poteva ancora salvare. Non avendo io mezzi di trasporto invitai qualche contadino a portare oggetti e pietre alla casa parrocchiale. Ma nessuno si mosse. Cadevano ancora le granate. Ciò che non fecero i tedeschi fecero, poi, gli inglesi. Portarono via tutto (molto anche dalla chiesa parrocchiale) il materiale per bruciare e per gettarlo lungo le strade ove i carri armati avevano fatto solchi enormi, impossibili a colmarli.
Però anche i parrocchiani si impadronirono di pietre, tegole, legno. Una vergogna!
Gli Inglesi si fecero vedere il giorno dieci novembre. Definitivamente il dodici vi rimasero, stracarichi e straricchi di camionette, carri armati, automobili, cannoni. Quando si seppe che gli aerei inglesi non avrebbero bombardato più, perché vicini alla liberazione, le strade e le vie si riempiono di panni bianchi. Volevano forse far comprendere agli aeroplani che eravamo finalmente liberi dalle bombe? … Ma lo sapevano già.
Le granate tedesche continuarono a cadere ancora per un mese”.
Il Santuario della Madonna della Boara non è stato ricostruito, al suo posto è stata realizzata un’edicola votiva, tutt’ora ben tenuta e curata. La celletta è collocata a margine della scarpata del sovrappasso dell’autostrada e non è visibile da chi transita su via Trentola proprio a causa delle modifiche alla viabilità apportate per la realizzazione della grande arteria stradale. 
La Chiesa di Malmissole è stata invece integralmente riedificata. 

 Celletta votiva costruita al posto del Santuario 

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Marco Viroli

Marco Viroli è nato a Forlì il 19 settembre 1961. Scrittore, poeta, giornalista pubblicista, copywriter, organizzatore di eventi, laureato in Economia e Commercio, nel suo curriculum vanta una pluriennale esperienza di direzione artistica e organizzazione di mostre d’arte, reading, concerti, spettacoli, incontri con l’autore, ecc., per conto di imprese ed enti pubblici. Dal 2006 al 2008 ha curato le rassegne “Autori sotto la torre” e “Autori sotto le stelle” e, a cavallo tra il 2009 e il 2010, si è occupato di pubbliche relazioni per la Fondazione “Dino Zoli” di arte contemporanea. Tra il 2010 e il 2014 ha collaborato con “Cervia la spiaggia ama il libro” (la più antica manifestazione di presentazioni librarie in Italia) e con “Forlì nel Cuore”, promotrice degli eventi che si svolgono nel centro della città romagnola. Dal 2004 è scrittore e editor per la casa editrice «Il Ponte Vecchio» di Cesena. Autore di numerose prefazioni, dal 2010 cura la rubrica settimanale “mentelocale” sul free press settimanale «Diogene», di cui, dal 2013, è anche direttore responsabile. Nel 2013 e nel 2014, ha seguito come ufficio stampa le campagne elettorali di Gabriele Zelli e Davide Drei, divenuti poi rispettivamente sindaci di Dovadola (FC) e Forlì. Nel 2019 ha supportato come ufficio stampa la campagna elettorale di Paola Casara, candidata della lista civica “Forlì cambia” al Consiglio comunale di Forlì, centrando anche in questo caso l’obiettivo. Dal 2014 al 2019 è stato addetto stampa di alcune squadre di volley femminile romagnole (Forlì e Ravenna) che hanno militato nei campionati di A1, A2 e B. Come copywriter freelance ha collaborato con alcune importanti aziende locali e nazionali. Dal 2013 al 2016 è stato consulente di PubliOne, agenzia di comunicazione integrata, e ha collaborato con altre agenzie di comunicazione del territorio. Dal 2016 al 2017 è stato consulente di MCA Events di Milano e dal 2017 al 2020 ha collaborato con la catena Librerie.Coop come consulente Ufficio Stampa ed Eventi. Dal 2016 al 2020 è stato fondatore e vicepresidente dell’associazione culturale Direzione21 che organizza la manifestazione “Dante. Tòta la Cumégia”, volta a valorizzare Forlì come città dantesca e che culmina ogni anno con la lettura pubblica integrale della Divina Commedia. Da settembre 2019 a dicembre 2020 è stato fondatore e presidente dell’associazione culturale “Amici dei Musei San Domenico e dei monumenti e musei civici di Forlì”. Da dicembre 2020 è direttore artistico della Fabbrica delle Candele, centro polifunzionale della creatività del Settore delle Politiche Giovanili del Comune di Forlì. PRINCIPALI PUBBLICAZIONI Nel 2003 ha pubblicato la prima raccolta di versi, Se incontrassi oggi l’amore. Per «Il Ponte Vecchio» ha dato alle stampe Il mio amore è un’isola (2004), Nessun motivo per essere felice (foto di N. Conti, 2007) e "Canzoni d'amore e di funambolismo (2021). Suoi versi sono apparsi su numerose antologie, tra cui quelle dedicate ai Poeti romagnoli di oggi e… («Il Ponte Vecchio», 2005, 2007, 2009, 2011, 2013), Sguardi dall’India (Almanacco, 2005) e Senza Fiato e Senza Fiato 2 (Fara, 2008 e 2010). I suoi libri di maggior successo sono i saggi storici pubblicati con «Il Ponte Vecchio»: Caterina Sforza. Leonessa di Romagna (2008), Signore di Romagna. Le altre leonesse (2010), I Bentivoglio. Signori di Bologna (2011), La Rocca di Ravaldino in Forlì (2012). Nel 2012 è iniziato il sodalizio con Gabriele Zelli con il quale ha pubblicato: Forlì. Guida alla città (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2012), Personaggi di Forlì. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2013), Terra del Sole. Guida alla città fortezza medicea (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2014), I giorni che sconvolsero Forlì («Il Ponte Vecchio», 2014), Personaggi di Forlì II. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2015), Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna («Il Ponte Vecchio», 2016), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna volume 2 («Il Ponte Vecchio», 2017); L’Oratorio di San Sebastiano. Gioiello del Rinascimento forlivese (Tip. Valbonesi, 2017), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna, vol. 3 («Il Ponte Vecchio», 2018). Nel 2014, insieme a Sergio Spada e Mario Proli, ha pubblicato per «Il Ponte Vecchio» il volume Storia di Forlì. Dalla Preistoria all’anno Duemila. Nel 2017, con Castellari C., Novara P., Orioli M., Turchini A., ha dato alle stampe La Romagna dei castelli e delle rocche («Il Ponte Vecchio»). Nel 2018 ha pubblicato, con Marco Vallicelli e Gabriele Zelli., Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol.1 (Ass. Cult. Antica Pieve), cui ha fatto seguito, con gli stessi coautori, Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol. 2-3-4 (Ass. Cult. Antica Pieve). Nel 2019, ha pubblicato con Flavia Bugani e Gabriele Zelli Forlì e il Risorgimento. Itinerari attraverso la città, foto di Giorgio Liverani,(Edit Sapim, 2019). Sempre nel 2019 ha pubblicato a doppia firma con Gabriele Zelli Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna volume 4 («Il Ponte Vecchio») e Forlì. Guida al cuore della città (foto di F. Casadei, Diogene Books). Con Gabriele Zelli ha inoltre dato alle stampe: La grande nevicata del 2012 (2013), Sulle tracce di Dante a Forlì (2020), in collaborazione con Foto Cine Club Forlì, Itinerario dantesco nella Valle dell’Acquacheta (2021), foto di Dervis Castellucci e Tiziana Catani, e I luoghi di Paolo e Francesca nel Forlivese (2021), foto di D. Castellucci e T. Batani. È inoltre autore delle monografie industriali: Caffo. 1915-2015. Un secolo di passione (Mondadori Electa, 2016) e Bronchi. La famiglia e un secolo di passione imprenditoriale (Ponte Vecchio, 2016).