Ho cercato a lungo nel mio archivio una foto di Sandro (nessuno in Sindacato lo chiamava “Alessandro”) eppure, nonostante la frequentazione continua, negli ultimi periodi – prima del mio trasferimento a Ravenna – quasi quotidiana, sono riuscito a trovare solo questa (peraltro neanche ben riuscita). Un dibattito con Alberto La Volpe e Giuliana Del Bufalo, allora segretaria della FNSI, organizzato dalla Federazione dell’Informazione e dello Spettacolo della CGIL di cui Cardulli era, allora, il vice segretario. Un po’ poco per ricordare più di quarant’anni di affetto e di stima. Pochissimo per ricordare un intellettuale che aveva scelto il Sindacato e la causa del Lavoro e dei lavoratori come ragione di vita.
Quando l’ho conosciuto, nel 1983, arrivato alla neonata FILIS per sostituire Giorgio Colzi come capo della componente comunista, lui aveva già accumulato lavoro ed esperienze che le persone “normali” non mettono insieme in una vita intera: Cronista e (lo apprendo ora dal bellissimo post di Michele, suo figlio, anche lui collega giornalista) Direttore responsabile a L’Unità; cronista a Paese Sera; Vice segretario della Federazione della Stampa; Capo ufficio stampa della CGIL nazionale durante la segreteria di Luciano Lama e proprio nel periodo delle lotte sindacali dei ’70. Insomma, per me, giovane funzionarietto appena arrivato al Sindacato (“Lotta Continua”, durante la vertenza della sua tipografia “XV Giugno” mi definì: «Un giovane sindacalista uscito da un fumetto») era Un Mito! Uno da imitare, persino nel modo di parlare durante gli interventi alle riunioni: Consigli Generali o assemblee che fossero.
Per me, inoltre, che muovevo i primi passi nel mondo della scrittura si moltiplicava la fatica di stargli dietro tentando di acquisire la sua facilità di rendere in poche righe, mantenendo la completezza dell’informazione e del pensiero da esprimere, concetti anche difficilissimi da spiegare.Il tutto condito da un sorriso “fulminante” che era il suo tratto caratteristico. Si, perché Sandro non era di quei dirigenti nazionali che “se la tiravano”. Sandro era “uno di noi”. Era capace di passare dalle riunioni con i “padroni” dove si decideva il futuro dell’informazione nazionale ad una cena con un gruppo di delegati sempre con la stessa serenità e lo stesso sorriso che a volte, da buon toscanaccio, aveva la capacità di trasformare in “sardonica”, incompresa dai destinatari finali.
Lui lasciò la Federazione nell’88, prima di me che me ne andai nel ’93. Da allora lo persi di vista. Lo rincontrai alla prima riunione del “correntone”, quella mozione “Per tornare a vincere” con a capo Giovanni Berlinguer, che tentò di sbarrare il passo alla deriva conservatrice e moderata che andava trasformando i Democratici di Sinistra. Fu la conferma che qualcosa avevo imparato, forse a leggere la società non per come vorremmo che fosse ma per quello che realmente era. Da allora le nostre strade saranno unite. Insieme siamo stati, con Galeota e De Carolis, tra i fondatori di Uniti a Sinistra e Socialismo 2000. Insieme siamo usciti, con un atto pubblico di denuncia, dai DS molto prima che si fondessero con la Margherita nel PD. Insieme siamo entrati (io ci sono rimasto) nella Sinistra Europea e insieme abbiamo vissuto l’esperienza delle elezioni del 2006. Non sempre eravamo d’accordo ma la sua capacità di persuasione era forte e, quasi sempre, riusciva a spuntarla.
Non so se mi “stimasse” davvero. Lo spero! Almeno, stando alle manifestazioni concrete, direi di si. Credo (non ne sono certo), infatti, sia stato lui che indicò il mio nome a Aldo Garzia per la redazione di “Aprile” e poi, fu ancora lui che – chiusa quell’esperienza, mi volle nella prima edizione di “Dazebaonews” ad occuparmi di cronaca e di sindacato.
Ultimamente mi aveva ricercato per collaborare con la sua nuova esperienza editoriale “Jobsnews” di cui era – manco a dirlo – il direttore. Gli dissi di si ma poi, tra un acciacco e l’altro, ho sempre rimandato. Mi dispiace!
Domenica 4 ottobre sera, dopo la telefonata di Mario dC (per Sandro eravamo inseparabili e ci chiamava i “gemelli”), mi sono incupito. Mio figlio, il più sensitivo della famiglia ha chiesto a mia moglie cosa fosse successo. Lei le ha risposto: «È morto un amico di papà». Oggi, la mia tristezza è, se possibile, ancora più forte perché non potrò essere in Camera del Lavoro a Roma a darti l’ultimo saluto insieme ai tanti compagni a cui hai dimostrato affetto. A Michele e a Maria Sole mi stringo con affetto. Ma a mio figlio, il piccolo, oggi voglio dedicare queste poche righe e dirgli che sono un uomo molto fortunato per molti motivi ma, anche, perché ho avuto la fortuna di avere molti maestri che mi hanno dimostrato affetto e amicizia. Cardulli è stato uno di questi.
Ciao Sandro, ovunque tu sia ora, tienimi un posto in redazione.
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