Due omicidi, nessun colpevole, un clima pesante dominato dall’omertà generale. Accade nelle Filippine, a operatori del commercio equo e solidale. Le vittime erano coinvolte nella produzione dello zucchero di canna “Mascobado”, uno dei prodotti di punta in vendita in tutte le botteghe del commercio equo in Italia.
Il primo assassinato, Romeo Capalla, era presidente dell’organizzazione di produttori Panay Fair Trade Center (PFTC): è stato ucciso a marzo, con modalità che lasciano pensare a un’esecuzione in piena regola. A maggio, in una zona poco distante, ha subito la stessa sorte Dionisio Garete, contadino associato a una delle cooperative di produttori inseriti nel circuito del commercio equo e solidale, aderente al PFTC. A chi davano fastidio i due uomini? Chi ha relazioni con le cooperative locali, non ha dubbi: ai latifondisti e ai gruppi paramilitari che scorrazzano impuniti in quell’area. Il rapporto fra il PFTC e Ctm Altromercato, la maggiore organizzazione italiana del commercio “alternativo”, è di lunga data e risale al 1991. Negli anni si è irrobustito e ora le cinque cooperative che fanno capo al Panay danno sostentamento a 8-10 mila famiglie. Altro che piccole nicchie di mercato; non a caso la repressione in corso è molto violenta.
Per cercare di fare luce sulla tragica vicenda e darle l’opportuna visibilità, di recente una missione internazionale è andata nelle Filippine: l’ha guidata Rudi Dalvai, presidente dell’Organizzazione mondiale del commercio equo (WFTO), che in merito ha scritto un dettagliato reportage sul mensile Altreconomia. Nel corso degli incontri, alcuni dei quali con le autorità locali, è emerso che chi tiene le briglie del mercato dello zucchero di canna vuole mettere alle corde le cooperative che hanno costruito 5 mulini. Le migliori condizioni, economiche e sociali, ottenute dai contadini affiliati al PFTC rispetto ai moltissimi che lavorano per i latifondisti, sono un esempio da stroncare. Del caso si è occupato, con una lettera, anche il ministro degli Esteri della Germania, mentre le autorità italiane per ora tacciono. E dire che Ctm è il maggiore importatore del “Mascobado” e tre dei cinque mulini cooperativi sono stati costruiti coi fondi della Provincia di Bolzano.
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