Lavoro e inclusione sociale sono stati i temi al centro del convegno «Siamo tutti un po’ sani», promosso dalla cooperativa sociale Tragitti e svolto venerdì 24 ottobre a Palazzo Tozzoni di Imola.
L’evento ha fatto il punto sui temi dell’inserimento al lavoro delle persone svantaggiate con alcuni dei principali soggetti impegnati sul territorio in questo tema.
«Abbiamo voluto promuovere questo convegno – ha esordito la presidente di Tragitti, Patrizia Turci – per confrontarci con quanti affrontano la presa in carico di persone svantaggiate e si occupano del loro avvio nel mondo del lavoro. L’assunto di fondo da cui siamo partiti è quello che Sandro Pertini aveva ben detto anni fa: la libertà è strettamente legata alla giustizia sociale e occorre dare dignità alle persone attraverso il lavoro, mettendole in condizione di essere cittadini a pieno titolo».
«Il lavoro è prima di tutto elemento di autonomia e progettualità delle persone – ha sottolineato Paola Cicognani, Responsabile Servizio Lavoro della Regione Emilia-Romagna. – E’ un valore in sé che richiama identità e indipendenza degli individui. Oggi ci dovremmo interrogare su chi siano i soggetti svantaggiati, partendo dal presupposto che non si possa ragionare più per categorie rigide e precostituite, come quella di ‘svantaggiati’ della L.381 o ‘disabili’ della L.68. Occorre valutare le singole situazioni in relazione a tre dimensioni, sociale, sanitaria e lavorativa, per capire la possibile fragilità delle persone e affrontarle in maniera integrata e sistemica tra i diversi servizi».
Venendo poi al tema «caldo» delle borse lavoro, la Cicognani ha puntualizzato che «giuridicamente si tratta di un istituto che non esiste, mentre esiste l’esigenza di tenere insieme tre finalità: il rispetto del diritto delle persone a fare esperienza in un luogo di lavoro, la messa in sicurezza dei datori di lavoro e la garanzia di un uso corretto degli strumenti normativi a disposizione. In virtù di tutto ciò la Regione ha normato i tirocini con la legge 7 del 2013, prevedendo una tipologia, quella cosiddetta «C», che sia rivolta a soggetti con disabilità o svantaggiati e che consenta di derogare in parte a certe rigidità della Legge Fornero. Ci piacerebbe inoltre si potesse arrivare presto a una tipologia «D», che punti sulla valenza formativa non esclusivamente in chiave professionalizzante e di acquisizione di competenze di lavoro, ma più in generale di conoscenze trasversali che attengono all’autonomia delle persone, come accadeva per le borse lavoro».
Alba Natali, Direttore del DSM-DP dell’Ausl di Imola, ha illustrato il lavoro che da anni sta portando avanti il Dipartimento di Imola, partendo dal considerare l’inclusione sociale come obiettivo che coinvolge aspetti relazionali e multidimensionali. «Oggi sempre più – ha ribadito la Natali – ci troviamo ad affrontare fenomeni di crescente esclusione sociale. Non possiamo far prevalere una visione incentrata solo su criteri efficientisti e di mera produttività del lavoro, ma dobbiamo recuperare la dimensione delle relazioni umane, specie quando si parla di lavoro per fasce svantaggiate di popolazione. A Imola pratichiamo percorsi riabilitativi tramite l’integrazione lavorativa che crea integrazione sociale, contrastando da sempre un certo assistenzialismo di ritorno, che rende le persone passive e senza progettualità di emancipazione. La vera sfida che abbiamo davanti è quella di far diventare l’inclusione sociale un fattore di reale sviluppo dell’intera comunità».
In questo fondamentale è la collaborazione con le risorse del territorio e con la cooperazione sociale, come hanno testimoniato le esperienze dell’Associazione Van Gogh e delle coop sociali Pictor, Giovani Rilegatori e Solco. Nata nel 2000 come associazione di utenti, operatori e artisti del territorio imolese, l’Associazione Van Gogh crea occasioni di scambio e commercializzazione di prodotti artistici, in collaborazione con il Centro di salute mentale di Imola: «crediamo che il mondo della sofferenza psichica debba essere riconosciuto non solo nelle problematicità – dice il presidente, Mauro Boccadoro – ma anche nelle sue risorse produttive e potenzialità negoziali, coinvolgendo una parte di realtà che rischierebbe altrimenti di essere esclusa e silente».
Nonostante il periodo di crisi, resta comunque elevata la percentuale di soggetti svantaggiati nelle cooperative sociali di tipo B, che continuano a garantire occupazione pur tra le difficoltà di mercati sempre più orientati alla sola efficienza e produttività e con l’attenzione rivolta alla ricerca di nuovi settori che garantiscano occasioni valide di lavoro e rispettose delle possibilità espresse da chi è in condizioni di disagio.
Enrica Mancini
Questo articolo è apparso nel n.11/2014 del mensile La Romagna Cooperativa
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