Un San Valentino da vera romagnola

Ciao a tutti oggi la domanda è: cosa avete fatto ieri quando Santo Valentino inebriava il cor di giovani e vecchi con tanto calor?

rpfrancescafotoarticolo2

Bèh io da brava romagnola ho deciso di passare una serata immersa nell’amore di altri tempi, e così ho scelto di celebrare quel Santo di Valentino a Faenza con il mio migliore amico Menfis, che si chiama così solo di soprannome ma che è molto più romagnolo di me

Faenza non so se la conoscete tutti ma è una delle più belle città romagnole patria delle famosissime ceramiche, vicina di casa di Brisighella, uno dei borghi più belli d’Italia, e, ho scoperto solo ieri scorso, custode segreta di un pezzo di vera vecchia Romagna!

Sì perché per consolare la mia totale mancanza di una parvenza di fidanzato Menfis ha deciso di farmi assaporare il gusto della vera Romagna, quella che nessuno conosce più, quella che esiste solo nelle vecchie filastrocche dialettali che canticchiavano i nostri nonni, quella che rimane sulle tovaglie romagnole disegnate di antico, quella dei valzer, dei cicli delle stagioni, delle api a tre ruote in città, delle bicicletettate fino al mare, delle spiagge lunghe senza grattaceli, dei bevitori veri che non si stancano mai se no pagano pegno, e delle lasagne della zdora che fa anche gli strozzapreti e i consumi alle erbe.

E così ieri sera ci infiliamo alla taverna dei Franchi Bevitori che è lì dal 1907 e che ci dicono, la zodra al bar e un signore con i baffi di San Giovese, “quelli sì che erano veri bevitori che facevano i patti sul vino rosso e sapevano come godersi le serate!”, e ci fa vedere la zdora anche il cartello appeso che dice che i Franchi Bevitori bevevano fino a che ce ne era e non si fermavano mai prima, e poi c’erano le loro firme lì dal 1907!

Poi ci fanno accomodare in un salone gigante e subito il tempo corre all’indietro di almeno 30 anni e i muri sono gialli e le porte sono di plastica e c’è scritto sopra a penna scolorita “non uscire”, e fra le porte ed il muro ci sono i cartelloni che sorridono dicendoci “Renzo e Luana live from Bagnacavallo”, e ridiamo anche noi che Renzo e Luana li ballava la mia nonna 30 anni fa col suo vestito di taftà e tutti la corteggiavano nella pista.

E attorno a noi si sente solo profumo di piadina e squaquarone con un po’ di savour, e di le lasagne con la besciamella; e poi in fondo ai tavoli c’è il pianobar dove si esibisce Gataza, un ometto di un’età indefinita ma che forse in passato ha corteggiato davvero la mia nonna, che con il suo smoking rosso e il papillon in tredimensioni mette su valzer, mazurke ed azzarda canzoni americane cantate in dialetto: e così “Daddy cool” diventa “daidai in te cul” e YMCA diventa “vaiemsiei”.

E dopo cena tutti si lanciano in pista, ed il più giovane ha 70 anni ma dentro penso che ne ha almeno 5 meno di me, e le vecchiette scelgono il compagno per i lenti, e si fanno pirollare per i valzer, e ballano il Mambo number 5 ed il mambo normale, e poi quando Gataza parte con i rock tutti si mettono in gruppo e ballano coordinati meglio degli Amici di Maria de Filippi.

E allora dico a Menfis “buttiamoci” e così per digerire i passatelli in brodo ci lanciamo anche noi con i vecchietti, ma noi sudiamosudiamo e loro che sono lì da ore sono i più arzilli, e cerchiamo di infilarci nei balli di gruppo, ma non stiamo al passo e allora i vecchietti ci guardano come alieni come se fossimo noi quelli sfatti, noi troppo abituati alla macchina ed all’ufficio, noi che non conosciamo il ritmo delle stagioni, la fatica dei campi e i km in salita con le cassette di pesche sulle spalle, noi che siamo un universo strano fatto di computer, incontri multimediali, gite sempre seduti, wifi anche in treno e macchina sempre sotto al culo, noi che se abbiamo fame scaldiamo tutto al microonde e non sentiamo nemmeno il sapore, noi che se dobbiamo fare shopping ordiniamo tutto su ebay, noi che invece che ai prati preferiamo le palestre col condizionatore, noi che per divertirci ci servono sempre almeno 50 euro, noi che se abbiamo qualche animale domestico è chiuso nella gabbia in cucina….

Così sfatti e rincoglioniti dopo meno di un’ora, mentre anche la zdora di 85 anni sta saltando col ballerino di 90, ci ritiriamo giovani e sudati, e ci sentiamo stupidi con la testa piena di tecnologie avanzate ma senza più il profumo del tempo che passa, senza più l’odore di casa in tasca, e senza più il tempo di divertirsi anche con niente…

 

E allora sapete che vi dico? Che questi Franchi Bevitori la sapevano mooolto lunga, e “EVVIVA LA ROMAGNA EVVIVA IL SAN GIOVESE” zumzum!

Questo post è stato letto 242 volte

Commenti Facebook
Avatar photo

Francesca Barzanti

33 anni, vive a Cesena. Laureata in Scienze della Comunicazione (vecchio ordinamento 5 anni) presso l’Università di Bologna. Master in ‘’ Tecniche della narrazione’’ (2 anni) conseguito presso Scuola Holden di Torino. Ha pubblicato due libri: ‘’ La mia Irlanda, un sogno lungo sei mesi’’ e ‘’Come trovare un uomo senza perdere dignità, purezza e verginità- Trattato sulle punte e l’arte del pigreco’’. Ha vissuto in Irlanda e viaggiato in Europa. Parla un ottimo inglese. Ama molto scrivere (di tutto): scrittura creativa e fantasiosa, comico-ironica, sceneggiature cinematografiche e televisive. È appassionata di fotografia e di teatro. (e-mail barzanti.francesca@gmail.com)