Nell’anniversario della massacro della sua redazione, il giornale satirico parigino Charlie Hebdo ha pubblicato una vignetta che ha sollevato più scalpore del solito. Ispirata evidentemente alla notte di violenze di Colonia, riproduce dei giovani con volto animalesco e dalle lunghe mani che inseguono donne in fuga, con l’evidente intento di palparle. Il tutto incorniciato dalla scritta: Cosa sarebbe divenuto da grande il piccolo Aylan? In alto, in un riquadro, l’immagine del bambino curdo morto sulla spiaggia turca. Una vignetta becera,disgustosa e rivoltante.Ma a suo modo necessaria. I reduci di Charlie, antipatici e dissacratori di professione nella scia di quelli che ci hanno lasciato le penne, hanno evidentemente voluto sfregiare il buonismo che oscura le spine del multiculturalismo. Ma non solo. Hanno messo alla berlina un’opinione pubblica ondivaga che strumentalizza la morte per alleggerirsi la coscienza e allo stesso modo ripiomba nel razzismo facendo di ogni migrante uno stupratore. Certo, la vignetta non è uno sberleffo. E’ un insulto. Che mette alla prova i tanto decantati valori che pretendiamo di difendere dall’aggressione integralista: l’umanità e la libertà d’espressione. E non c’è una soluzione facile, se non il rigetto della censura e della violenza.
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