“Il Jobs Act? Un fallimento”

Giuliano Zignani (Uil): "Spesi 14 miliardi per avere il 28 per cento in più di licenziamenti disciplinari. Ma non se ne parla. Dovrebbe essere un argomento trattato nelle primarie del Pd perché​ un grande partito di sinistra deve mettere i temi del lavoro al centro della propria discussione"

Ha rivisto e corretto un proverbio cinese. Sono cambiati i fattori, ma il risultato è sempre lo stesso. Giuliano Zignani, segretario regionale della Uil, si è messo sulla riva del fiume e ha aspettato che arrivasse il momento in cui i risultati gli davano ragione. Non è che facesse il tifo perché ciò accadesse. Quando si parla del sistema paese lui preferisce avere torto, piuttosto che vedere che le cose vanno male. Ma, dal suo punto di vista, era facile prevedere che il Jobs  Act avrebbe avuto risultati a dir poco negativi.

 

Non ha mai tifato perché succedesse. Un pessimo andamento della riforma del lavoro significa che ci possono essere dei problemi per i dipendenti. E i lavoratori sono il suo punto di riferimento. Però, fin dall’inizio, la riforma renziana non lo ha mai convinto. Da qualunque parte la guardasse ci vedeva poco o niente di buono. Era certo che, più prima che poi, i nodi sarebbero venuti al pettine. Quindi si è seduto sulla riva del fiume e ha aspettato. Non ha dovuto tardare troppo.

Giuliano Zignani (via Facebook)

 

I dati che Giuliano Zignani snocciola sono impietosi. “Il sistema paese – dice il segretario regionale della Uil – ha speso quattordici miliardi di euro per avere il ventotto per cento in più di licenziamenti disciplinari”. Poi guarda sconsolato il foglio che ha davanti e aggiunge: “Purtroppo non è tutto qui. La riforma fa acqua da tutte le parti. Calano le assunzioni a tempo indeterminato (meno 395 mila pari al 32,9 per cento), ma scendono le assunzioni in generale (meno 8,5 per cento). I licenziamenti invece registrano un’impennata. La crescita è del 31 per cento”.

 

Poi commenta: “La riforma voluta da Renzi è stata un disastro. La cosa assurda è che i lavoratori pagano due volte: col licenziamento e con l’aumento delle tasse necessario per finanziare quei datori di lavoro che li hanno licenziati. Un vero capolavoro”. E per lui poco conta che siano cose che i sindacati avevano detto. “Era facile arrivare a queste conclusioni. Noi e la Cgil ci abbiamo fatto uno sciopero generale. Magari ci fossimo sbagliati”.
Parlare del passato, di quello che è stato, però non gli interessa. “Abbiamo il dovere di guardare avanti – dice Zignani – e pensare a come modificare questa legge. Il problema è che non se ne parla. Mi piacerebbe che l’argomento fosse al centro delle primarie del Pd. Un grande partito di sinistra deve avere una particolarità sensibilità sui temi del lavoro. Invece niente. Tutti tacciono, ma i numeri sono impietosi e consiglierebbero di avere un atteggiamento completamente diverso”.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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