Non credo a chi promette rivoluzioni. La politica è fatta di piccole conquiste quotidiane. Una città, un paese, non li si stravolge, ma li di gestisce nel segno della continuità cercando di innovare provando a dare una propria impronta
Diverso il discorso per i 5Stelle. In quel caso è stato cercato un vero e proprio rinnovamento. Ma non è che i risultati siano stati particolarmente brillanti: l’impressione è stata quella di aver a che fare con volti nuovi di persone che avevano pregi e difetti (nel senso buono) dei “vecchi” politici, con la differenza che non solo non avevano nessuna esperienza, ma (in molti casi) neppure una scuola. Con i rischi annessi ad una situazione del genere.
Insomma, in poche parole, i pentastellati sono politici, come tutti gli altri. Non lo sostengo adesso alla luce di quello che sta succedendo, ma l’ho sempre pensato. Il pensiero riportato all’inizio è un capoverso integrale (pagina 24) del mio libro (Vent’anni a Cesena, edizioni Ponte Vecchio) pubblicato nel febbraio 2016. Il riferimento era al gruppo cesenate, ma, mi pare di poter dire, non sono un caso isolato. Anzi.
C’è chi obietta che io sono prevenuto nei confronti dei 5Stelle. Non è vero. È vero invece che sono molto distante da loro. Del resto un keynesiano convinto difficilmente può essere vicino a chi parlava di decrescita felice e a chi propone il reddito di cittadinanza.
Premesso che non ho mai creduto a certi slogan come “apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno”, oltre ai programmi (che comunque ritengo dirimenti), la differenza con i grillini è anche di approccio. Io non credo alle proprietà salvifiche di nessuno e quindi sono portato a prendere le distanze da chiunque, affidandosi a slogan, si presenta come salvatore della patria. Diffidenza che ho già avuto per Segni, Berlusconi e Renzi. Solo per fare qualche esempio.
La politica per me dovrebbe essere un’altra cosa. Prima di tutto programmi e competenze. Un amministratore non può essere un uomo per tutte le stagioni. Deve portare avanti un progetto che fa parte del suo dna culturale. È chiaro che nulla è scritto sulla roccia e, quindi, ci sta che le proprie visioni cambino: modificate, non stravolte.
Fondamentale poi è la competenza e l’esperienza. Nessuna azienda privata si metterebbe nelle mani di una persona inesperta. Perché deve succedere in politica? La crescita deve essere graduale.
Inoltre non credo ai miracoli. Diffido da chi arriva e promette di cambiare tutto e subito. Non è possibile a nessun livello e tantomeno lo è in politica dove (essendo l’Italia una democrazia) i tempi sono meno veloci rispetto al privato.
Io credo alla politica dei piccoli passi. Alla conquista quotidiana. Al politico che sta sul pezzo e che si preoccupa del Prg, ma anche dello sfalcio dell’erba nei fossi.
Non credo, infine, a chi promette di cambiare una città o un paese. L’esperienza (e di governi ne ho visti e raccontati tanti) mi insegna che chi governa innanzitutto gestisce, cercando di dare una propria impronta necessaria, del resto, anche per permettere ad un’istituzione di restare al passo coi tempi. A tutti i livelli ho sempre visto continuità amministrativa. E, credo, sarà sempre così.
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