"I fantasmi dell'impero" è un indovinato mix fra romanzo storico e finzione. Ricostruisce una vicenda del 1937 nell'Africa Orientale Italiana
Un gran bel libro. Non a caso è uno dei sei finalisti del premio Bancarella. “I fantasmi dell’impero” (546 pagine Sellerio editore) è stato scritto a sei mani. È un indovinato mix fra romanzo storico e giallo/noir. Ma, soprattutto, racconta la storia che difficilmente si studia a scuola. Fa conoscere il lato più sporco, oscuro e ipocrita del nostro colonialismo.
Basandosi su una minuziosa ricerca storica documentale e non solo, gli autori ricostruiscono una vicenda del 1937 nell’Africa Orientale Italiana. Riempiono gli spazi con una finzione ben costruita e assolutamente plausibile.
Ne è nato un romanzo coraggioso con scelte lessicali semplici e precise che sono un valore aggiunto. Si legge tutto d’un fiato. Peccato che manchino una lista dei personaggi e, soprattutto, una cartina della zona teatro della vicenda.
Ci sono anche delle esagerazioni. Ma non si è mai arrivato all’inverosimile E, comunque, non c’è niente di sgradevole. Nel complesso la parte della finzione è gradevole. Così come è stata buona sia la raccolta che l’analisi dei documenti storici.
Gradevole e soprattutto equilibrato l’inserimento di intermezzi romantici. Il rischio poteva essere quello di eccedere da una parte o dall’altra, ma è sempre stato mantenuto il giusto equilibrio. Anche quando sono state raccontate le violenze dei nostri soldati non è mai stato superato il limite di guardia. Gli autori non si sono fatti prendere la mano.
Buona e approfondita la psicologia dei personaggi. Invece non mi ha del tutto soddisfatto la descrizione dei luoghi. Non solo dei territori, ma anche degli oggetti e dei fabbricati. In alcuni casi è stata sufficiente o discreta, ma in altri molto meno.
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